Ho letto “Solitudini e Amore” di Valeria Maria Beatrice Motolese
Sembra una contraddizione in termini il titolo della plaquette donatami dall’amica Valeria Maria Beatrice Motolese, “Solitudini e Amori” (per i tipi di Lupi Editore, 2018), che rappresenta il suo esordio, tardivo ma significativo, in poesia.
Come è possibile conciliare due parole dal significato tanto lontano se non addirittura antitetico? La solitudine non è forse l’esclusione da ogni rapporto di presenza o vicinanza altrui ? E l’amore non è forse un sentimento d’affetto intenso verso un altro essere, sentimento che presuppone vicinanza, relazione?
Sorprendentemente, il nesso tra le parole appare evidente leggendo le sue liriche.
A quali solitudini si riferisce, dunque, la Poetessa? A molte, poiché la solitudine ha molteplici aspetti e manifestazioni. Troviamo, quindi, la solitudine di quelli che vivono per le strade, pensiamo ai senzatetto o a coloro che attendono qualcuno che non arriva e forse non arriverà mai
Immobile l’attesa
davanti a una casa,
chiusa sulla via
la luce d’un lampione
per compagnia. (Da “Solitudini”)
Pensiamo a coloro che soli in casa, in un silenzio forse divenuto insopportabile, escono nelle strade, anche e soprattutto di notte, alla ricerca di compagnia
Un’ombra s’incammina
segreta speranza
sua solitudine chiuder
fuori da quella stanza (Da “Solitudini”).
Emblematica, per quanto attiene al tema della solitudine, molto caro alla Poetessa, è la lirica “Il Fuoco”, una delle più felici, nella quale Ella porta all’attenzione del lettore le immagini di folle caratterizzate da
Gente distratta
Sguardi furtivi
Teste basse
folle in cui ognuno è solo con se stesso, dato che il prossimo viene completamente ignorato, poiché
Se l’incontri non ti vedono
Se cerchi di parlare non ascoltano,
se incroci la loro strada si scansano.
E le vediamo queste persone che camminano con passo frettoloso discorrendo al cellulare; non un saluto, non un sorriso, monadi nella moltitudine! E ci sovvengono le immagini degli adolescenti che si riuniscono per stare insieme e poi finiscono col non interagire poiché ognuno consulta il proprio dispositivo elettronico!
Tali individui inseguono
Il possesso
d’un bene materiale
che un giorno dovranno abbandonare.
E in questa confusione fra essere e avere, si perde il rapporto interpersonale, il rapporto umano, quello che l’autrice definisce “Il Fuoco” (titolo della lirica), perché il fuoco scalda, così come danno calore le emozioni. E affranta, nella chiusa, si chiede:
Dov’è finito il fuoco
come lo abbiamo spento?
E’ un veritiero ritratto della società liquida di baumaniana memoria! Vale, quindi, la pena ricordare che il sociologo e filosofo Zygmunt Bauman elaborò la teoria di “modernità o società liquida”; in una siffatta società, a seguito della crisi del concetto di comunità, emerge un individualismo sfrenato, dove non esistono compagni di viaggio ma solo antagonisti da cui guardarsi; dove, mancando ogni punto di riferimento, le uniche soluzioni per l’individuo sono l’apparire a tutti costi, che ha come conseguenza diretta e inevitabile il consumismo.
Ma la solitudine, la cui principale caratteristica è il silenzio, è anche intimità, raccoglimento, occasione per ritrovarsi e ritrovare, per ascoltarsi e ascoltare, per comprendere l’importanza delle relazioni con il prossimo. Ecco, quindi, sublimata in versi la condizione del “silenzio”, silenzio celebrato anche da molti altri autori, ché la nostra società, caratterizzata da tanti “rumori” di origine e natura diversa, è “povera di silenzio”, quel silenzio indispensabile per comprendere chi siamo e dove stiamo andando.
E il silenzio ci permette di ascoltare anche le voci della natura e del nostro animo, da cui emergono i ricordi, seppelliti dalla vita frenetica.
Ecco un altro tema molto caro a Valeria Motolese, la natura. La conosce intimamente, retaggio della sua infanzia? Di ogni stagione conosce i profumi, i colori, i suoni. E ci sembra di ascoltare con lei il ticchettio della pioggia, autunnale e primaverile; e ci sembra di vedere i colori dei fiori e quelli delle foglie che caratterizzano ogni stagione, a cui la Poetessa dedica anche haiku e tanka davvero arrivanti. E nel silenzio, Ella indulge nel ricordo della sua infanzia, dei cari che l’hanno popolata, in particolare, dei suoi genitori a cui dedica liriche commoventi.
Ma non potevano sfuggire alla sensibilità dell’Autrice i drammi che caratterizzano il nostro tempo, soprattutto quelli di cui sono protagonisti i migranti, che le hanno ispirato la belle composizioni “Non nel mio nome” e “Sempre rosso del sangue è il coloro”, titolo quest’ultimo che è un verso della mia poesia “La pelle è un vestito” (dalla raccolta “Non vedo, non sento e…” WIP Edizioni, Bari, 2017), che la ha evidentemente impressionata. Grazie Valeria per questo omaggio!
E, tuttavia, il messaggio che la Poetessa consegna al lettore è di ottimismo ché la vita per lei è
trasformarsi, ricostruirsi, rinnovarsi (da “Sfoglio vecchie fotografie”)
e ancora
anche nel disordine la vita
continua, forte e prorompente
portatrice di speranza (da “Ritorno a casa”).
Infine, una considerazione su Valeria zia tenera e affettuosa, che ha voluto nella sua raccolta disegni e mini racconti della sua nipotina Dafne, e che è molto attenta ai bambini, a cui dedica una poesia, proprio dal titolo “Bambini”, in cui fa alcune considerazioni di grande valenza pedagogica:
ci guardano, ci imitano,
crescono con il nostro
esempio,
ad evidenziare che molto più delle parole possono i fatti che le belle parole possono clamorosamente smentire!
Il verseggiare è semplice, scorrevole, in cui trovano posto anche versi cortissimi, incisivi.
“Solitudini e Amore” è una raccolta che induce riflessioni profonde.
Ester Cecere
Sembra una contraddizione in termini il titolo della plaquette donatami dall’amica Valeria Maria Beatrice Motolese, “Solitudini e Amori” (per i tipi di Lupi Editore, 2018), che rappresenta il suo esordio, tardivo ma significativo, in poesia.
Come è possibile conciliare due parole dal significato tanto lontano se non addirittura antitetico? La solitudine non è forse l’esclusione da ogni rapporto di presenza o vicinanza altrui ? E l’amore non è forse un sentimento d’affetto intenso verso un altro essere, sentimento che presuppone vicinanza, relazione?
Sorprendentemente, il nesso tra le parole appare evidente leggendo le sue liriche.
A quali solitudini si riferisce, dunque, la Poetessa? A molte, poiché la solitudine ha molteplici aspetti e manifestazioni. Troviamo, quindi, la solitudine di quelli che vivono per le strade, pensiamo ai senzatetto o a coloro che attendono qualcuno che non arriva e forse non arriverà mai
Immobile l’attesa
davanti a una casa,
chiusa sulla via
la luce d’un lampione
per compagnia. (Da “Solitudini”)
Pensiamo a coloro che soli in casa, in un silenzio forse divenuto insopportabile, escono nelle strade, anche e soprattutto di notte, alla ricerca di compagnia
Un’ombra s’incammina
segreta speranza
sua solitudine chiuder
fuori da quella stanza (Da “Solitudini”).
Emblematica, per quanto attiene al tema della solitudine, molto caro alla Poetessa, è la lirica “Il Fuoco”, una delle più felici, nella quale Ella porta all’attenzione del lettore le immagini di folle caratterizzate da
Gente distratta
Sguardi furtivi
Teste basse
folle in cui ognuno è solo con se stesso, dato che il prossimo viene completamente ignorato, poiché
Se l’incontri non ti vedono
Se cerchi di parlare non ascoltano,
se incroci la loro strada si scansano.
E le vediamo queste persone che camminano con passo frettoloso discorrendo al cellulare; non un saluto, non un sorriso, monadi nella moltitudine! E ci sovvengono le immagini degli adolescenti che si riuniscono per stare insieme e poi finiscono col non interagire poiché ognuno consulta il proprio dispositivo elettronico!
Tali individui inseguono
Il possesso
d’un bene materiale
che un giorno dovranno abbandonare.
E in questa confusione fra essere e avere, si perde il rapporto interpersonale, il rapporto umano, quello che l’autrice definisce “Il Fuoco” (titolo della lirica), perché il fuoco scalda, così come danno calore le emozioni. E affranta, nella chiusa, si chiede:
Dov’è finito il fuoco
come lo abbiamo spento?
E’ un veritiero ritratto della società liquida di baumaniana memoria! Vale, quindi, la pena ricordare che il sociologo e filosofo Zygmunt Bauman elaborò la teoria di “modernità o società liquida”; in una siffatta società, a seguito della crisi del concetto di comunità, emerge un individualismo sfrenato, dove non esistono compagni di viaggio ma solo antagonisti da cui guardarsi; dove, mancando ogni punto di riferimento, le uniche soluzioni per l’individuo sono l’apparire a tutti costi, che ha come conseguenza diretta e inevitabile il consumismo.
Ma la solitudine, la cui principale caratteristica è il silenzio, è anche intimità, raccoglimento, occasione per ritrovarsi e ritrovare, per ascoltarsi e ascoltare, per comprendere l’importanza delle relazioni con il prossimo. Ecco, quindi, sublimata in versi la condizione del “silenzio”, silenzio celebrato anche da molti altri autori, ché la nostra società, caratterizzata da tanti “rumori” di origine e natura diversa, è “povera di silenzio”, quel silenzio indispensabile per comprendere chi siamo e dove stiamo andando.
E il silenzio ci permette di ascoltare anche le voci della natura e del nostro animo, da cui emergono i ricordi, seppelliti dalla vita frenetica.
Ecco un altro tema molto caro a Valeria Motolese, la natura. La conosce intimamente, retaggio della sua infanzia? Di ogni stagione conosce i profumi, i colori, i suoni. E ci sembra di ascoltare con lei il ticchettio della pioggia, autunnale e primaverile; e ci sembra di vedere i colori dei fiori e quelli delle foglie che caratterizzano ogni stagione, a cui la Poetessa dedica anche haiku e tanka davvero arrivanti. E nel silenzio, Ella indulge nel ricordo della sua infanzia, dei cari che l’hanno popolata, in particolare, dei suoi genitori a cui dedica liriche commoventi.
Ma non potevano sfuggire alla sensibilità dell’Autrice i drammi che caratterizzano il nostro tempo, soprattutto quelli di cui sono protagonisti i migranti, che le hanno ispirato la belle composizioni “Non nel mio nome” e “Sempre rosso del sangue è il coloro”, titolo quest’ultimo che è un verso della mia poesia “La pelle è un vestito” (dalla raccolta “Non vedo, non sento e…” WIP Edizioni, Bari, 2017), che la ha evidentemente impressionata. Grazie Valeria per questo omaggio!
E, tuttavia, il messaggio che la Poetessa consegna al lettore è di ottimismo ché la vita per lei è
trasformarsi, ricostruirsi, rinnovarsi (da “Sfoglio vecchie fotografie”)
e ancora
anche nel disordine la vita
continua, forte e prorompente
portatrice di speranza (da “Ritorno a casa”).
Infine, una considerazione su Valeria zia tenera e affettuosa, che ha voluto nella sua raccolta disegni e mini racconti della sua nipotina Dafne, e che è molto attenta ai bambini, a cui dedica una poesia, proprio dal titolo “Bambini”, in cui fa alcune considerazioni di grande valenza pedagogica:
ci guardano, ci imitano,
crescono con il nostro
esempio,
ad evidenziare che molto più delle parole possono i fatti che le belle parole possono clamorosamente smentire!
Il verseggiare è semplice, scorrevole, in cui trovano posto anche versi cortissimi, incisivi.
“Solitudini e Amore” è una raccolta che induce riflessioni profonde.
Ester Cecere