ESTER CECERE E IL SUO ULTIMO LIBRO “DALL’INDIA A LAMPEDUSA. SOSTE DI VIAGGIO”
Incontri
La Voce del Nisseno
mar 20 2019
di MICHELE BRUCCHERI – L’INTERVISTA. A firma della scrittrice pugliese, questo volume comprende diciotto racconti brevi. Ma intensi e coinvolgenti. Prefazione di Domenico Pisana
Incontri
La Voce del Nisseno
mar 20 2019
di MICHELE BRUCCHERI – L’INTERVISTA. A firma della scrittrice pugliese, questo volume comprende diciotto racconti brevi. Ma intensi e coinvolgenti. Prefazione di Domenico Pisana
“Dall’India a Lampedusa. Soste di viaggio” è la nuova opera letteraria della scrittrice pugliese Ester Cecere. Sono diciotto racconti brevi, ma intensi e coinvolgenti. Sono storie, parole, ma soprattutto sono emozioni, sentimenti, frammenti di vita. Firma la prefazione Domenico Pisana. “Mi ha onorato di una prefazione profonda, erudita, puntuale, esaustiva - racconta a La Voce del Nisseno (versione online) -. Egli non ha solo recensito l’opera ma ha anche indagato nel mio animo, cercando i motivi che mi hanno spinto a scrivere questa raccolta e mettendo in evidenza il mio stato d’animo e le mie emozioni durante i viaggi, come il senso di disorientamento e interdizione, il mio immenso amore per gli animali, il desiderio di inculturazione nella realtà dei luoghi, sul quale non mi ero assolutamente soffermata…”.
Nella sua nota introduttiva, l’acuta e sensibile autrice tarantina scrive: “Anni prima, Fernando Pessoa così mirabilmente aveva sintetizzato il pensiero di Antonio Tabucchi: ‘La Vita è ciò che facciamo di Essa. I Viaggi sono i Viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo ma ciò che siamo’”. Qui c’è il senso del suo viaggiare, alla ricerca di sé stessa e degli altri. E lo fa con determinazione, dolcezza, grande senso di umanità.
Ester Cecere, sessantenne di Taranto, è una ricercatrice presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Si occupa di biologia marina, è sposata e madre di due figli. Scrive libri importanti e interessanti, capaci di stimolare una profonda riflessione. Pubblicazioni che aiutano a crescere, libri che diventano carezza e sostegno morale. E non solo. Mi onoro di essere suo amico e apprezzo notevolmente il suo spessore non solo culturale, intellettuale e spirituale, ma anche etico. Una persona più unica che rara. Eccola al nostro microfono, dopo un po’ di tempo, per sapere di più e meglio su quest’ultima fatica letteraria.
La tua nuova fatica letteraria è intitolata “Dall’India a Lampedusa. Soste di viaggio”. Qual è il filo conduttore dei diciotto racconti brevi della tua raccolta?
Quasi tutti i racconti narrano alcune mie esperienze di vita, incluse quelle di viaggio, che mi hanno profondamente colpito, che mi hanno insegnato qualcosa e che, quindi, mi hanno cambiato. Fanno parte di questa raccolta anche alcuni racconti ispirati da avvenimenti reali ma non vissuti da me personalmente, i quali, tuttavia, hanno suscitato in me una profonda emozione. Mi riferisco, in particolare, a quelli ambientati a Lampedusa e nel suo mare.
So che quelli ambientati a Lampedusa ti hanno particolarmente colpito. Perché?
Sono sempre stata molto sensibile al problema dei migranti, alla sofferenza in cui vivono nei loro paesi e a quella a cui vanno incontro sottoponendosi a “viaggi della speranza” alla ricerca di un futuro migliore per sé stessi e i propri figli, andando sovente incontro alla morte e finendo in mano di aguzzini, che speculano sulle loro disgrazie e li sottopongono a torture di ogni tipo. Nella mia ultima raccolta di poesie, “Non vedo, non sento e…”, pubblicata nel 2017, ho dedicato loro parecchi componimenti. Ho viaggiato molto. Ho visto e “toccato con mano” la miseria in tanti paesi di provenienza di questa gente. Non mi meraviglio, quindi, che essi rischino la propria vita e quella dei loro figlioletti per sfuggire a un futuro senza alcuna speranza di miglioramento. Se, poi, penso che queste genti e le loro terre sono sfruttate da noi occidentali e che a causa nostra essi versano in queste condizioni, la compassione diventa rimorso.
Nella sua nota introduttiva, l’acuta e sensibile autrice tarantina scrive: “Anni prima, Fernando Pessoa così mirabilmente aveva sintetizzato il pensiero di Antonio Tabucchi: ‘La Vita è ciò che facciamo di Essa. I Viaggi sono i Viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo ma ciò che siamo’”. Qui c’è il senso del suo viaggiare, alla ricerca di sé stessa e degli altri. E lo fa con determinazione, dolcezza, grande senso di umanità.
Ester Cecere, sessantenne di Taranto, è una ricercatrice presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Si occupa di biologia marina, è sposata e madre di due figli. Scrive libri importanti e interessanti, capaci di stimolare una profonda riflessione. Pubblicazioni che aiutano a crescere, libri che diventano carezza e sostegno morale. E non solo. Mi onoro di essere suo amico e apprezzo notevolmente il suo spessore non solo culturale, intellettuale e spirituale, ma anche etico. Una persona più unica che rara. Eccola al nostro microfono, dopo un po’ di tempo, per sapere di più e meglio su quest’ultima fatica letteraria.
La tua nuova fatica letteraria è intitolata “Dall’India a Lampedusa. Soste di viaggio”. Qual è il filo conduttore dei diciotto racconti brevi della tua raccolta?
Quasi tutti i racconti narrano alcune mie esperienze di vita, incluse quelle di viaggio, che mi hanno profondamente colpito, che mi hanno insegnato qualcosa e che, quindi, mi hanno cambiato. Fanno parte di questa raccolta anche alcuni racconti ispirati da avvenimenti reali ma non vissuti da me personalmente, i quali, tuttavia, hanno suscitato in me una profonda emozione. Mi riferisco, in particolare, a quelli ambientati a Lampedusa e nel suo mare.
So che quelli ambientati a Lampedusa ti hanno particolarmente colpito. Perché?
Sono sempre stata molto sensibile al problema dei migranti, alla sofferenza in cui vivono nei loro paesi e a quella a cui vanno incontro sottoponendosi a “viaggi della speranza” alla ricerca di un futuro migliore per sé stessi e i propri figli, andando sovente incontro alla morte e finendo in mano di aguzzini, che speculano sulle loro disgrazie e li sottopongono a torture di ogni tipo. Nella mia ultima raccolta di poesie, “Non vedo, non sento e…”, pubblicata nel 2017, ho dedicato loro parecchi componimenti. Ho viaggiato molto. Ho visto e “toccato con mano” la miseria in tanti paesi di provenienza di questa gente. Non mi meraviglio, quindi, che essi rischino la propria vita e quella dei loro figlioletti per sfuggire a un futuro senza alcuna speranza di miglioramento. Se, poi, penso che queste genti e le loro terre sono sfruttate da noi occidentali e che a causa nostra essi versano in queste condizioni, la compassione diventa rimorso.
Che cos’è per te il viaggio, Ester?
Innanzitutto, desidero specificare che per me viaggiare è un’esigenza irrinunciabile. Ritengo, infatti, che il viaggio sia un’occasione unica, esclusiva, non solo per osservare nuovi paesaggi, ma anche e soprattutto, per venire in contatto con altre genti, con civiltà e culture diverse dalla nostra, tanto più se si ha la possibilità di interagire con le popolazioni locali. A tal fine, durante i miei viaggi evito gli itinerari esclusivamente turistici e mi immergo nella realtà dei mercati, delle città, dei villaggi. Cerco di parlare con la gente, soprattutto con le donne, sfruttate in quasi tutti i paesi in via di sviluppo. Mi avvicino ai bambini, quando non sono essi ad avvicinarsi per primi a me in cerca di una caramella, di un biscotto…
Continua.
E’ sorprendente verificare di persona come i bimbi abbiano, in determinate circostanze, le stesse reazioni in tutte le parti del mondo, a conferma che le differenze fra le varie etnie sono presunte se non addirittura pretestuose. Il mese scorso sono stata in Kenya e mi sono recata in una scuola per donare agli scolari quaderni e matite colorate, che avevo portato dall’Italia. E’ stato emozionante vedere i sorrisi di gratitudine dei bambini…
Vai avanti nel tuo racconto, Ester.
Un altro aspetto fondamentale dei viaggi è che essi ci permettono di conoscere meglio noi stessi. Ci svelano con quali occhi osserviamo il mondo, con quale atteggiamento ci avviciniamo al prossimo, soprattutto quando è molto diverso da noi. I viaggi, quindi, sono occasioni per riflettere e chiederci: il viaggio ci “apre gli occhi”? Ci permette di comprendere la realtà di situazioni diverse da quelle in cui viviamo? Ci fa bandire i nostri pregiudizi, i luoghi comuni con i quali spesso ci esprimiamo? Ci permette, quindi, di accettare coloro che noi percepiamo “diversi” e che spesso condanniamo solo perché non conosciamo?
Tu definisci i tuoi racconti “soste di viaggio”. Ci spieghi meglio questo concetto?
Nella “Nota dell’autrice” ho sottolineato che il viaggio, com’è noto, è metafora della vita per eccellenza. Durante la nostra vita e, quindi, il nostro viaggio, ci sono, tuttavia, delle tappe, delle soste, le “soste di viaggio” appunto, che interrompono il suo svolgersi ripetitivo. Esse possono essere dei viaggi fisici ma anche dei momenti particolari della nostra esistenza. I racconti di questa raccolta sono alcune “soste di viaggio” della mia vita o di amici che mi hanno fatto dono di una loro esperienza.
Dei tuoi viaggi, a quale ti senti maggiormente legata? E perché?
Sicuramente al viaggio effettuato, poco più di tre anni fa, in Rajasthan, stato settentrionale dell’India. Da questa “vacanza” mi sono stati ispirati ben cinque racconti presenti nella raccolta, tra cui il primo, dal titolo emblematico di “Shock”. Da tempo desideravo ammirare l’India dei Maharaja, degli sfarzosi palazzi reali, dei maestosi mausolei, primo fra tutti il marmoreo Taj Mahal, patrimonio dell’Unesco; il mio immaginario pullulava di elefanti, di fiori di loto, di miniature...Tuttavia, quello che in me è rimasto di quel viaggio in auto da Nuova Delhi a Jaisalmer (poco distante dal confine col Pakistan, attraversando non solo città importanti ma anche piccoli villaggi rurali, non sono state le bellezze architettoniche né l’aspetto aspro del paesaggio. Ciò che mi ha colpito profondamente sono state le miserabili condizioni di vita della maggior parte della popolazione. Il loro "abitare", anche nelle città, in ricoveri di fortuna situati ai lati delle strade carrozzabili e realizzati generalmente con pochi pali di legno e il tetto di stracci; la mancanza di acqua potabile, ad eccezione di quella erogata da pompe a mano sparse sul territorio e raccolta in contenitori di fortuna per trasportarla alle misere abitazioni; le fogne a cielo aperto; la commistione di buoi, maiali, cani e bambini nelle strade piene di sterco e di rifiuti urbani; le donne, che lavorano i campi come duecento anni fa indossando il sari sotto un sole impietoso, che trasportano tutto quello che serve loro sulla testa, che lavano i panni in pozze d'acqua melmosa, che accoccolate impastano pizzette e le cuociono su forni rudimentali usando come combustibile lo sterco dei bovini.
Caspita!
Questa miseria assoluta mi è entrata nel cuore e mi ha sconvolta. Non avrei mai pensato che alle soglie del 2020 intere popolazioni, migliaia di persone potessero davvero vivere ancora in queste condizioni! Il viaggio in India ha cambiato il mio modo di vedere e di valutare persone, avvenimenti e beni materiali. Rientrata in Italia, ho sentito, fortissimo, il bisogno di scrivere una raccolta di poesia, una sorta di poemetto, dal titolo “con l’India negli occhi, con l’India nel cuore”.
Innanzitutto, desidero specificare che per me viaggiare è un’esigenza irrinunciabile. Ritengo, infatti, che il viaggio sia un’occasione unica, esclusiva, non solo per osservare nuovi paesaggi, ma anche e soprattutto, per venire in contatto con altre genti, con civiltà e culture diverse dalla nostra, tanto più se si ha la possibilità di interagire con le popolazioni locali. A tal fine, durante i miei viaggi evito gli itinerari esclusivamente turistici e mi immergo nella realtà dei mercati, delle città, dei villaggi. Cerco di parlare con la gente, soprattutto con le donne, sfruttate in quasi tutti i paesi in via di sviluppo. Mi avvicino ai bambini, quando non sono essi ad avvicinarsi per primi a me in cerca di una caramella, di un biscotto…
Continua.
E’ sorprendente verificare di persona come i bimbi abbiano, in determinate circostanze, le stesse reazioni in tutte le parti del mondo, a conferma che le differenze fra le varie etnie sono presunte se non addirittura pretestuose. Il mese scorso sono stata in Kenya e mi sono recata in una scuola per donare agli scolari quaderni e matite colorate, che avevo portato dall’Italia. E’ stato emozionante vedere i sorrisi di gratitudine dei bambini…
Vai avanti nel tuo racconto, Ester.
Un altro aspetto fondamentale dei viaggi è che essi ci permettono di conoscere meglio noi stessi. Ci svelano con quali occhi osserviamo il mondo, con quale atteggiamento ci avviciniamo al prossimo, soprattutto quando è molto diverso da noi. I viaggi, quindi, sono occasioni per riflettere e chiederci: il viaggio ci “apre gli occhi”? Ci permette di comprendere la realtà di situazioni diverse da quelle in cui viviamo? Ci fa bandire i nostri pregiudizi, i luoghi comuni con i quali spesso ci esprimiamo? Ci permette, quindi, di accettare coloro che noi percepiamo “diversi” e che spesso condanniamo solo perché non conosciamo?
Tu definisci i tuoi racconti “soste di viaggio”. Ci spieghi meglio questo concetto?
Nella “Nota dell’autrice” ho sottolineato che il viaggio, com’è noto, è metafora della vita per eccellenza. Durante la nostra vita e, quindi, il nostro viaggio, ci sono, tuttavia, delle tappe, delle soste, le “soste di viaggio” appunto, che interrompono il suo svolgersi ripetitivo. Esse possono essere dei viaggi fisici ma anche dei momenti particolari della nostra esistenza. I racconti di questa raccolta sono alcune “soste di viaggio” della mia vita o di amici che mi hanno fatto dono di una loro esperienza.
Dei tuoi viaggi, a quale ti senti maggiormente legata? E perché?
Sicuramente al viaggio effettuato, poco più di tre anni fa, in Rajasthan, stato settentrionale dell’India. Da questa “vacanza” mi sono stati ispirati ben cinque racconti presenti nella raccolta, tra cui il primo, dal titolo emblematico di “Shock”. Da tempo desideravo ammirare l’India dei Maharaja, degli sfarzosi palazzi reali, dei maestosi mausolei, primo fra tutti il marmoreo Taj Mahal, patrimonio dell’Unesco; il mio immaginario pullulava di elefanti, di fiori di loto, di miniature...Tuttavia, quello che in me è rimasto di quel viaggio in auto da Nuova Delhi a Jaisalmer (poco distante dal confine col Pakistan, attraversando non solo città importanti ma anche piccoli villaggi rurali, non sono state le bellezze architettoniche né l’aspetto aspro del paesaggio. Ciò che mi ha colpito profondamente sono state le miserabili condizioni di vita della maggior parte della popolazione. Il loro "abitare", anche nelle città, in ricoveri di fortuna situati ai lati delle strade carrozzabili e realizzati generalmente con pochi pali di legno e il tetto di stracci; la mancanza di acqua potabile, ad eccezione di quella erogata da pompe a mano sparse sul territorio e raccolta in contenitori di fortuna per trasportarla alle misere abitazioni; le fogne a cielo aperto; la commistione di buoi, maiali, cani e bambini nelle strade piene di sterco e di rifiuti urbani; le donne, che lavorano i campi come duecento anni fa indossando il sari sotto un sole impietoso, che trasportano tutto quello che serve loro sulla testa, che lavano i panni in pozze d'acqua melmosa, che accoccolate impastano pizzette e le cuociono su forni rudimentali usando come combustibile lo sterco dei bovini.
Caspita!
Questa miseria assoluta mi è entrata nel cuore e mi ha sconvolta. Non avrei mai pensato che alle soglie del 2020 intere popolazioni, migliaia di persone potessero davvero vivere ancora in queste condizioni! Il viaggio in India ha cambiato il mio modo di vedere e di valutare persone, avvenimenti e beni materiali. Rientrata in Italia, ho sentito, fortissimo, il bisogno di scrivere una raccolta di poesia, una sorta di poemetto, dal titolo “con l’India negli occhi, con l’India nel cuore”.
Quale sarà il tuo prossimo viaggio?
Come ho già detto, recentemente sono stata in Kenya, dove ho riscontrato una povertà incredibile per il terzo millennio e impensabile per la maggior parte di noi italiani ma anche tanta dignità e tanta voglia di lavorare. Prossimamente, mi piacerebbe visitare il Madagascar, per le sue bellezze naturali, gli endemismi di fauna e flora ma anche, come ho già sottolineato, per conoscere, sensu lato, le popolazioni locali. Spero di riuscire a realizzare questo mio desiderio. Viaggiare costa molto, soprattutto poiché io e mio marito desideriamo portare con noi anche i nostri figli. Infatti, come si intuisce da quanto ho detto, ritengo che i viaggi siano formativi. Penso che i miei ragazzi abbiano trovato in Kenya molti spunti di riflessione; del resto, John Steinbeck affermava che “Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone”.
I libri fanno viaggiare la mente e il cuore, la fantasia… Qual è l’ultimo libro che hai letto?
È un romanzo dal titolo “Gobi. Un piccolo cane con un grande cuore” che narra la storia realmente accaduta a un atleta, Dion Leonard, il quale durante un’ultramaratona con una tappa nel deserto dei Gobi incontra casualmente una cagnolina randagia che inizia a seguirlo eleggendolo a suo compagno “umano” di vita. La trama è incentrata sull’amore che nasce tra l’uomo e la bestiola e sulle molte difficoltà e prove che egli dovrà affrontare per portare la cagnolina con sé, nel Regno Unito.
Prosegui.
Tuttavia, vi sono molte descrizioni del deserto dei Gobi e di tante località della Cina, in cui il protagonista ha dovuto soggiornare prima di rientrare in Gran Bretagna. Un libro, che come tu hai detto, mi ha permesso di visitare il suddetto deserto con la fantasia e di ritornare in Cina col pensiero! Con soddisfazione, ho notato che il protagonista conclude la sua narrazione dicendo: “Pensai a tutti coloro che avevo conosciuto a Pechino… Era dura salutare così tante persone straordinarie: grazie al lungo periodo che avevo trascorso in Cina, avevo completamente cambiato idea sul paese e i suoi abitanti”, il che conferma quanto io pensi dei viaggi.
Anche i film hanno questo magico potere. Qual è la pellicola cinematografica a cui sei particolarmente legata?
Ce ne sono diverse e tra queste, in particolare, le pellicole che parlano di viaggi o di luoghi lontani e molto diversi dall’Italia. Ricordo, ad esempio, “La grande pioggia “ di cui fu successivamente effettuato un remake col titolo, dell’omonimo libro, di “Le Piogge di Ranchipur”, ambientato in India; “La mia Africa” che vinse il premio Oscar per la migliore fotografia, film che ha suscitato in me l’immenso desiderio di visitare l’Africa, parzialmente soddisfatto dal mio recente viaggio in Kenya; “Sette anni in Tibet” e “Anna and the King” ambientato in Tailandia ma girato in Malesia, paesi che ho avuto la fortuna di visitare.
La prefazione al tuo libro è firmata da Domenico Pisana. Ci regali un accenno?
Il carissimo amico Domenico mi ha onorato di una prefazione profonda, erudita, puntuale, esaustiva. Egli non ha solo recensito l’opera ma ha anche indagato nel mio animo, cercando i motivi che mi hanno spinto a scrivere questa raccolta e mettendo in evidenza il mio stato d’animo e le mie emozioni durante i viaggi, come il senso di disorientamento e interdizione, il mio immenso amore per gli animali, il desiderio di inculturazione nella realtà dei luoghi, sul quale non mi ero assolutamente soffermata…
Un brano…
Infatti, egli scrive: “Ecco come il viaggio, in questo caso, assume un valore simbolico di scavo interiore, di ricerca di se stessi, di rivisitazione delle emozioni e di lettura dei propri comportamenti, di incontro e apertura all’altro determinando la necessità di interrogarsi sul perché di stili di vita diversi che segnano il vissuto dell’umanità” e ancora: “Nelle soste di viaggio di Ester Cecere c’è una letteratura che va oltre il resoconto descrittivo dei luoghi che sono al centro di visite e di incontri dei suoi personaggi; c’è, infatti, anche spazio per l’introspezione, c’è il senso del peregrinare che si fa eziologico, ossia motivo di cambiamento”. Non posso che essere grata a Domenico Pisana per avermi svelato il perché io senta tanto fortemente il bisogno di narrare quanto ho vissuto!
Chi voglia comprare il tuo libro, cosa deve fare?
È già possibile acquistare il libro nelle librerie online come IBS e Libro.Co. Esso sarà venduto anche durane le serate di presentazione, quando i proventi delle vendite, come è già avvenuto in passato per gli altri miei libri, saranno devoluti in beneficenza.
Dove hai in programma di presentarlo?
La prima presentazione sarà tenuta a Taranto, la città dove sono nata e vivo. Spero di presentarlo anche a Bari, Lecce, Firenze, Roma, Milano, Bologna, dove sono stati presentati quasi tutti i miei libri e dove ho tanti cari amici che mi seguono con affetto.
So che con il libro intendi lanciare una variegata gamma di messaggi. Ci fai conoscere almeno tre importanti e irrinunciabili messaggi?
I racconti sono preceduti da citazioni di Premi Nobel per la Letteratura e per la Pace, di autorevoli scrittori e poeti, di filosofi, tra i quali Edgar A. Poe, Voltaire, Anatole France, Milan Kundera, Madre Teresa di Calcutta, Erich Fromm, José Saramago, Immanuel Kant, Arthur Schopenhauer, Franz Kafka, Fëdor Dostoevskij, per citare solo i più noti. Queste citazioni introducono il lettore all’argomento trattato, sottolineando, già in antiporta, il messaggio che il racconto vuole tramettere, al di là della mera narrazione della vicenda. E di messaggi desidero lanciarne tanti.
Tipo?
I tre che ritengo fondamentali sono: non è bene giudicare, poiché potremmo non conoscere approfonditamente fatti, condizioni e persone; è necessario “accogliere”, sensu lato, il nostro prossimo, l’accoglienza ci migliora e dà un ulteriore senso alla nostra vita; il dolore, anche quello fisico, può essere occasione per migliorarci, comprendere gli altri e aiutarli. Con questi messaggi desidero indurre riflessioni, non certo impartire insegnamenti! Spero che i miei futuri lettori li colgano, contemporaneamente svagandosi con la lettura, essendo alcuni racconti davvero divertenti.
MICHELE BRUCCHERI
Come ho già detto, recentemente sono stata in Kenya, dove ho riscontrato una povertà incredibile per il terzo millennio e impensabile per la maggior parte di noi italiani ma anche tanta dignità e tanta voglia di lavorare. Prossimamente, mi piacerebbe visitare il Madagascar, per le sue bellezze naturali, gli endemismi di fauna e flora ma anche, come ho già sottolineato, per conoscere, sensu lato, le popolazioni locali. Spero di riuscire a realizzare questo mio desiderio. Viaggiare costa molto, soprattutto poiché io e mio marito desideriamo portare con noi anche i nostri figli. Infatti, come si intuisce da quanto ho detto, ritengo che i viaggi siano formativi. Penso che i miei ragazzi abbiano trovato in Kenya molti spunti di riflessione; del resto, John Steinbeck affermava che “Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone”.
I libri fanno viaggiare la mente e il cuore, la fantasia… Qual è l’ultimo libro che hai letto?
È un romanzo dal titolo “Gobi. Un piccolo cane con un grande cuore” che narra la storia realmente accaduta a un atleta, Dion Leonard, il quale durante un’ultramaratona con una tappa nel deserto dei Gobi incontra casualmente una cagnolina randagia che inizia a seguirlo eleggendolo a suo compagno “umano” di vita. La trama è incentrata sull’amore che nasce tra l’uomo e la bestiola e sulle molte difficoltà e prove che egli dovrà affrontare per portare la cagnolina con sé, nel Regno Unito.
Prosegui.
Tuttavia, vi sono molte descrizioni del deserto dei Gobi e di tante località della Cina, in cui il protagonista ha dovuto soggiornare prima di rientrare in Gran Bretagna. Un libro, che come tu hai detto, mi ha permesso di visitare il suddetto deserto con la fantasia e di ritornare in Cina col pensiero! Con soddisfazione, ho notato che il protagonista conclude la sua narrazione dicendo: “Pensai a tutti coloro che avevo conosciuto a Pechino… Era dura salutare così tante persone straordinarie: grazie al lungo periodo che avevo trascorso in Cina, avevo completamente cambiato idea sul paese e i suoi abitanti”, il che conferma quanto io pensi dei viaggi.
Anche i film hanno questo magico potere. Qual è la pellicola cinematografica a cui sei particolarmente legata?
Ce ne sono diverse e tra queste, in particolare, le pellicole che parlano di viaggi o di luoghi lontani e molto diversi dall’Italia. Ricordo, ad esempio, “La grande pioggia “ di cui fu successivamente effettuato un remake col titolo, dell’omonimo libro, di “Le Piogge di Ranchipur”, ambientato in India; “La mia Africa” che vinse il premio Oscar per la migliore fotografia, film che ha suscitato in me l’immenso desiderio di visitare l’Africa, parzialmente soddisfatto dal mio recente viaggio in Kenya; “Sette anni in Tibet” e “Anna and the King” ambientato in Tailandia ma girato in Malesia, paesi che ho avuto la fortuna di visitare.
La prefazione al tuo libro è firmata da Domenico Pisana. Ci regali un accenno?
Il carissimo amico Domenico mi ha onorato di una prefazione profonda, erudita, puntuale, esaustiva. Egli non ha solo recensito l’opera ma ha anche indagato nel mio animo, cercando i motivi che mi hanno spinto a scrivere questa raccolta e mettendo in evidenza il mio stato d’animo e le mie emozioni durante i viaggi, come il senso di disorientamento e interdizione, il mio immenso amore per gli animali, il desiderio di inculturazione nella realtà dei luoghi, sul quale non mi ero assolutamente soffermata…
Un brano…
Infatti, egli scrive: “Ecco come il viaggio, in questo caso, assume un valore simbolico di scavo interiore, di ricerca di se stessi, di rivisitazione delle emozioni e di lettura dei propri comportamenti, di incontro e apertura all’altro determinando la necessità di interrogarsi sul perché di stili di vita diversi che segnano il vissuto dell’umanità” e ancora: “Nelle soste di viaggio di Ester Cecere c’è una letteratura che va oltre il resoconto descrittivo dei luoghi che sono al centro di visite e di incontri dei suoi personaggi; c’è, infatti, anche spazio per l’introspezione, c’è il senso del peregrinare che si fa eziologico, ossia motivo di cambiamento”. Non posso che essere grata a Domenico Pisana per avermi svelato il perché io senta tanto fortemente il bisogno di narrare quanto ho vissuto!
Chi voglia comprare il tuo libro, cosa deve fare?
È già possibile acquistare il libro nelle librerie online come IBS e Libro.Co. Esso sarà venduto anche durane le serate di presentazione, quando i proventi delle vendite, come è già avvenuto in passato per gli altri miei libri, saranno devoluti in beneficenza.
Dove hai in programma di presentarlo?
La prima presentazione sarà tenuta a Taranto, la città dove sono nata e vivo. Spero di presentarlo anche a Bari, Lecce, Firenze, Roma, Milano, Bologna, dove sono stati presentati quasi tutti i miei libri e dove ho tanti cari amici che mi seguono con affetto.
So che con il libro intendi lanciare una variegata gamma di messaggi. Ci fai conoscere almeno tre importanti e irrinunciabili messaggi?
I racconti sono preceduti da citazioni di Premi Nobel per la Letteratura e per la Pace, di autorevoli scrittori e poeti, di filosofi, tra i quali Edgar A. Poe, Voltaire, Anatole France, Milan Kundera, Madre Teresa di Calcutta, Erich Fromm, José Saramago, Immanuel Kant, Arthur Schopenhauer, Franz Kafka, Fëdor Dostoevskij, per citare solo i più noti. Queste citazioni introducono il lettore all’argomento trattato, sottolineando, già in antiporta, il messaggio che il racconto vuole tramettere, al di là della mera narrazione della vicenda. E di messaggi desidero lanciarne tanti.
Tipo?
I tre che ritengo fondamentali sono: non è bene giudicare, poiché potremmo non conoscere approfonditamente fatti, condizioni e persone; è necessario “accogliere”, sensu lato, il nostro prossimo, l’accoglienza ci migliora e dà un ulteriore senso alla nostra vita; il dolore, anche quello fisico, può essere occasione per migliorarci, comprendere gli altri e aiutarli. Con questi messaggi desidero indurre riflessioni, non certo impartire insegnamenti! Spero che i miei futuri lettori li colgano, contemporaneamente svagandosi con la lettura, essendo alcuni racconti davvero divertenti.
MICHELE BRUCCHERI