Dalla silloge
“Burrasche e Brezze” Farsa Distruggete spettri il palcoscenico, quel che esiste oltre la scena mostrate. Di purissima fiamma ardete un’illusione, gli attori e le attrici che la recitarono. Nell’urna le ceneri ponete, a testimonianza di un errore che non si ripeterà. Evasione Lucertola sarei per scivolare svelta fra le maglie della vita e negli ombrosi anfratti riparami. E da lì spiare lo scorrere del tempo e l’affannarsi delle cose e quando più caldo è il sole uscire sulla rovente sabbia. Rimpianto Acqua scivolata giù dai monti, semi non germogliati, frutti non raccolti, la nostra vita. Come mare e sabbia, viverla avremmo potuto pane e baci, scambiandoci. Solo per un istante l’onda ha accarezzato la sabbia… poi è fuggita via. Crepuscolo Ombra nera s’affaccia all’anima la tua partenza, lugubre pipistrello al crepuscolo di un amore. Lenta la sera il tuo sorriso scurisce. Col buio si confondono i tuoi occhi. Consapevole affronto senz’alba la lunga notte. Commenta le poesie di "Burrasche e Brezze" al seguente link: http://www.blogdegliautori.it/ester-cecere/burrasche-e-brezze-di-ester-cecere/ Dalla silloge
"con l’India negli occhi, con l’India nel cuore" XI D'arancio e di rosso s'accendeva al tramonto il marmoreo Taj Mahal. Dall'amore ispirato splendido mausoleo, presso il fiume di tranquillità superba oasi. Di derelitti intorno un pullulare a mendicare, a vendere qualcosa. Ti vidi sul tuo basso carrellino, i moncherini sfioravano il terreno. Mezzo viso e forse anche la vista le fiamme ti avevano rubato. Fra le braccia, un bimbo seminudo. Una banconota ti misi tra le mani e le richiusi affinché non la perdessi. Tacitai così la mia coscienza di benestante turista occidentale. XV Sulla sponda accovacciata d’una melmosa pozza d’acqua battevi i panni e li strizzavi statuina d’un presepe triste. Volgesti il viso al mio apparire ché una fotografia non rubasse, d’atavica rassegnazione segnato, lo sguardo basso e mesto. XXIII Mi colpirono un tempo bella, la gioventù sfiorita e i lineamenti delicati e stanchi ma anche i logori abiti indossati poco più che stracci neppure rattoppati. A capo chino veloce avanzavi, senza guardarti intorno senza incrociare sguardi, come sperando d’essere invisibile. Dalla cintura sfilacciata pendeva di metallo una piccola gavetta. Chiedevi l’elemosina di un pasto? Pensai che fossi l’ultimo degli ultimi… Dalla silloge
"Azzurro Mediterraneo" E questo tornare di memorie
E questo tornare di memorie allo sferragliare delle sartie di abbacinanti pomeriggi di luglio in azzurri mediterranei porti di pelle bruna dal sole arsa di reti al sole stese ad asciugare di lische, sugheri, piombi... Come ossi nel cuore Creatura di scoglio Lingua di roccia m’accoglie materna mentre gocce di salmastro aspergono il corpo mio come acqua benedetta. Onde inseguono onde sempre uguali sempre diverse che pulviscolo iridescente diventano sulla scogliera frangendosi... …E sono primordiale creatura di scoglio che di spruzzi vive dall’alba dei mondi. |
Dalla silloge
“Come foglie in autunno” Bilancio Viavai di anni, come ape laboriosa, tra fiori immaginati. Fiele in bocca il sapore di una vita spesa in un alveare pazzo senza produrre miele. Pioggia d’incomprensione Pioggia battente sulla barriera di spessi cristalli. Inutili, scivolano sui vetri le parole. L’arca Sottocoperta, scampoli felici e briciole d’amore. Zolle di terra profumata e qualche seme sulla prua, chè al ritorno del sole i fiori sboccino ancora. La montagna Di sabbia milioni di granelli ho raccattato. D’amore e da pazienza cementati sono la montagna di granito che la vita vuole che io sia. Profumo di pioggia Profumo di pioggia nell’aria è rimasto. Profumo d’infanzia nel cuore. A tratti, ancora gocce fresche dagli alberi e dal cuore caldi ricordi. Plumbeo è ancora sul mare l’orizzonte. Non so se passata è la burrasca o pioverà ancora sul presente. Commenta le poesie di "Come foglie in autunno" al seguente link: http://www.blogdegliautori.it/ester-cecere/come-foglie-in-autunno-di-ester-cecere/ Dalla silloge
"Non vedo, non sento e…" Da dove vengono le lacrime? Da dove vengono le lacrime se stagni secchi sono gli occhi, legnoso nòcciolo il cuore, e l'anima l'esuvia d'un serpente? Forse, sono gocce di primaverile pioggia. Forse, sono stille di rugiada mattutina. Sono le lacrime del mondo, cadute su di un viso duro come cuoio per donargli ancora un po' d'umanità. Ancora in volo Ai popoli privi di libertà Ricresceranno le remiganti amputate nei giorni della notte. Il volo riprenderemo tra raffiche di maestrale e correnti lievi ascensionali. Planeremo sicuri sulla dilagante azzurrità. Ancora e ancora ci riempiremo gli occhi delle meraviglie di cui perdemmo la memoria. Bambola di pezza Alle spose-bambine Con la tua bambola di pezza giocavi, mucchietto di logori consunti stracci, sorriso assente e occhi sbarrati. La esponevi al vento del deserto, alla sferza d’un turbinio di mille grani. La curavi poi dalle ferite e la cullavi, al corpicino tuo stringendola. Bambola quella notte fosti tu. Speravi d’assopirti presto al fianco d’un respiro rivoltante. Mani ignote e laide ti frugarono in posti a te persino sconosciuti, bramose impietose sudicie la pelle quasi strappando. Senza possibilità di fuga, a quello strazio t’arrendesti, come dal ghibli vinto tenero germoglio. Ti spaccò un fitta lacerante e un liquido denso ti scaldò. Vagava sconvolta ormai la mente. Smarrita l’anima fra le dune pellegrina. Pensasti a un caldo abbraccio dal quale non ti svegliasti più. All’orizzonte dell’alba il rosseggiare si confuse col vermiglio in cui giacevi. |
Dalla silloge
"Fragile. Maneggiare con cura"
Bolla di sapone
D’aliti di vento sospinta, elegante e fragile, nell’aria danzo. Iridescenze mi vestono. L’arcobaleno m’adorna. In me il mondo si specchia. Oscuro d’insidie il mio cammino. Il volo d’una farfalla, la foglia d’un pino, temo. Persino, il dito d’un bambino.
Alluvione
Tumultuosi nel cuore i ricordi scorrono, uccelli che migrano per non fare ritorno, grani tra le dita d'un profanato rosario. Alluvione d'odio e follia l’amore travolge. Tenerezza e compassione in rapide d'amarezza precipitano. Tenerezza e compassione su massi di sofferenza si frantumano. Frammenti d'amore calpestati infangati. Macerie nel cuore contratto desolazione e miseria e la dolorosa certezza d'una parte di sé che non è più.
Festa del
papà A mio padre
Non ho una lapide ove portare fiori in luogo di cioccolatini e riunire con nodi ora di lacrime ora di sorrisi i fili d'un vissuto nostro. Non ho una casa ove venire con timoni e carte nautiche, testimonianze d'unica nostra esclusiva lontananza. Sono straniera in un presente a cui non appartengo più. Ho solo la tua ombra oggi accanto a me. A lei, i miei affettuosi auguri. Rosa di Jericho
Una goccia basterebbe di rugiada rotolata giù dal palmo d'una foglia. Di condensa un rivolo che sull'appannato vetro piano scivola. Poche timide gocce d'un incerto temporale. Ché vita riprenda la rosa del deserto. Commenta le poesie di "Fragile. Maneggiare con cura" al seguente link:
http://nazariopardini.blogspot.it/2014/03/ester-cecere-fragile-maneggiare-con.html Dalla silloge
"Avanzava settembre" Ciò che conta
Non sperare che il mondo veda ciò che conta Lo disperderà il vento Il sole lo disseccherà Lo diluirà la pioggia La moltitudine lo calpesterà Ciò che conta serbalo nell’ovario. Lo raggiungerà il polline e ne farà frutto. La scialuppa La scialuppa in mare ho calato e i remi in barca ho tirato. Alla deriva vada incurante in balia di venti e correnti. Con soffocanti bonacce o tumultuose tempeste naufrago sereno sempre sarò. Non spero in approdi salvifici. Non temo coste rocciose. Né auspico rive sabbiose. Su scogli aguzzi e taglienti nel pericolo ho barcollato e da sabbie melmose di fango sporca sono uscita. Ho lasciato andare la nave stivata ancora di futuri progetti. Troverà un altro nocchiere. Per governare energia non ho più. Braccia forti vuole il timone. Non è più tempo per me di seguire rotte da altri segnate. |
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