"La scuola delle catacombe" di Ada Zapperi Zucker
Nella raccolta di racconti dal nome "La scuola delle catacombe", Ada Zapperi Zucker affronta due principali tematiche: la condizione della donna nella prima metà del secolo scorso e il dramma della integrazioni dei popoli nelle regioni soggette a smembramenti e ad annessioni ad altre nazioni, come risultato di trattati di guerra. Tutti i racconti sono ambientati in Sudtirolo; l'autrice dichiara: "E' qui che mi sento veramente a casa; il Sudtirolo è la sintesi della mia dualità". Veniamo alla prima tematica che è affrontata e sviscerata, da varie angolazioni, in tutti i racconti, dai quali emerge una figura di donna causa di tutte le disgrazie dell'umanità, a cominciare dalla cacciata dal Paradiso terrestre. Una donna, la cui funzione principale è solo la procreazione, soprattutto di figli maschi (la mancata procreazione è da imputarsi solo alla donna), e la conduzione di tutti i lavori più umili e più faticosi, sia in casa che nei campi; una donna, che fin da ragazzina viene "mandata a servizio" dal padre ("...per lavorare i campi e avere figli non è necessaria nessuna istruzione"); quasi venduta ad uomini-padroni che la ritengono una loro proprietà, come tale, quindi, destinata a soddisfare qualunque loro abietta voglia, nel silenzio-assenso della famiglia, di tutta la società, clero compreso; la violenza sulle donne è un evento NORMALE che non stupisce ("....Mugolò soltanto per il gran male, per la brutalità con cui veniva spaccata in due..."). E mano a mano che ci si addentra nella narrazione, emergono figure di donne ripetutamente violentate, per le quali solo il concepimento dei figli giustifica i rapporti sessuali; per le quali,ovviamente, non esiste il piacere sessuale ma neanche il gesto affettuoso di una carezza ("...Non ricordava di essere mai stata baciata sulla bocca o altrove, di aver sentito il tocco delle sue mani sul suo corpo in una breve carezza rassicurante...."); emergono donne sfiancate dalle numerosissime gravidanze, che si succedono una dopo l'altra, senza interruzione; donne che arrivano a partorire 12-15 figli per vederne morire almeno la metà; donne molto, molto meno importanti, agli occhi dei mariti, della loro vacca, che, al contrario della moglie, viene assistita amorevolmente durante il parto ...[Non vorrai sgravarti proprio adesso che la Rosi (la mucca) è sul punto di figliare?] Non mancano le riflessioni delle protagoniste sulla guerra ("...Guerra è sempre guerra, grande o piccola che sia") e, soprattutto, sul dramma dei popoli costretti a scegliere se rimanere tedeschi o diventare italiani, perdendo, in questo caso, la propria identità culturale, le proprie tradizioni, la propria lingua, che viene insegnata in scuole segrete, "La scuola delle catacombe" appunto, in analogia con i luoghi in cui si incontravano i primi cristiani! E, angosciata, la protagonista dell'ultimo racconto si chiede: "...chi stabilisce che una cultura, una religione, una civiltà sia superiore, più giusta di un'altra?..." L'occhio dell'autrice è attento, anche ai minimi particolari; la narrazione degli avvenimenti, chiara, scorrevole, lucida, cruda, impietosa; eppure, è intriso d'umana pietà e di rispetto lo scandagliare delle personalità delle varie protagoniste, che, a volte, è appena accennato, come se Ada Zapperi Zucker volesse invitare il lettore stesso ad entrare in quelle anime, anch'esse ferite e violentate come e più dei corpi. E' un libro che tutti dovrebbero leggere perché insegna e fa riflettere molto, anche se la sua lettura fa soffrire, tanto, soprattutto le lettrici che, inevitabilmente, si identificano con le vittime. E alla fine della lettura, la lettrice tira un sospiro di sollievo nel constatare di essere nata in un'epoca ben diversa; in un epoca in cui le donne studiano, hanno gli stessi diritti degli uomini, esercitano le stesse professioni. Eppure, subdola, una constatazione s'insinua, quando la mente istintivamente va agli ultimi fatti di cronaca: donne libere, in liberi e civili paesi occidentali, minacciate, perseguitate, picchiate e, sempre più spesso, uccise dai loro partner. E la domanda, agghiacciante, è inevitabile: "La violenza sulle donne ha solo cambiato modo di esprimersi?" |
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