Dall'India a Lampedusa. Soste di viaggio di Ester Cecere
nota a cura di luigi Paraboschi
Cara Ester,
ho cercato di leggere con molta attenzione la tua raccolta di racconti “Dall'India a Lampedusa. Soste di viaggio”, e devo ammettere che le parole delle quali ti sei servita per i racconti esprimono fino in fondo la tua natura, le tue passioni, la tua indole di donna impegnata fino al sacrificio personale in difesa della vita, sia degli uomini sia degli animali.
E' sorprendente la tua attenzione verso il mondo con cui sei venuta in contatto nelle descrizioni che fai delle tue impressioni di viaggio.
Sei attenta, curiosa, perspicace, profonda nei giudizi e le suggestioni che riporti sai trasmetterle con precisione ai lettori che non possono non rimanere avvinti dai paesaggi, dai fatti, dagli incontri che fai in ogni pagina.
Si avverte, leggendoti, l'occhio lucido e perspicace che hai adottato nel ritrarre la realtà e soprattutto si tocca con mano la visione di viaggiatrice appassionata ed innamorata dell'umanità che ti si presenta, anche se spesso questa umanità assume una visione spiacevole o sgradita all'occhio ed al cuore.
Sei stata capace di catturare ogni sfumatura di colore dentro il paesaggio incontrato negli spostamenti, e noi vediamo con i tuoi occhi le bardature degli elefanti indiani, i colori dei tramonti sui monumenti, la povertà dei bambini che implorano anche con astuzia il dono di una chewing gum o di una caramella, le strade immerse nel traffico caotico delle grandi metropoli, le scimmiette nella città che appartiene ad esse, l'odissea di Kafka, il cane del barbone polacco imbattutosi in un veterinario criminale.
Mi pare che la tua natura di mamma appaia in tutta evidenza nel racconto “Una Pasqua a Bologna” con il tuo figliolo che non poteva tornare a casa per colpa degli esami, del tuo disgusto di fronte al disordine di quell'appartamento nel quale egli conviveva con altri amici, costretti come lui a trattenersi in città per le stesse ragioni sue, ma appare anche chiara in un altro racconto la tua abilità di donna abituata a condurre per mare una barca di grandi dimensioni. Le parole che hai usato in questo caso sono così dense di significato che il lettore resta in sospeso durante la lettura fino a quando il sogno non viene rivelato; mi hai ricordato nelle tue pagine qualche passo di “Tifone” di Conrad, autore che ha amato il mare con la tua stessa intensità di navigatrice e di biologa marina.
Tutto il tuo lavoro è una indagine introspettiva che hai svolto dentro la tua bella anima di persona che condivide spesso il dolore degli “ultimi”, e la figura di Rosa, homeless incontrata nella stazione ferroviaria di Taranto, è quella che ha messo in crisi la tua finta bontà di piccolo borghese che si accontenta di versamenti alle opere di carità verso i poveri ma che è incapace – come del resto tutti noi – di aprire il suo cuore di fronte alla miseria quando essa ci si presenta sotto le specie umane dei “dannati della terra” come avrebbe scritto Franz Fanon negli anni ‘70.
Ma dove credo di averti incontrata più a fondo, nel racconto che non considero tale ma che vorrei leggere come una confessione ed una richiesta di aiuto, è nella pagine che vanno sotto il titolo di “Immersione virtuale”.
Hai un dono Ester, quello dell'onestà interiore, e questo dono è quello che fa di te una “bella” persona. Tu ci spieghi con passione e cura la sofferenza che ti causa la fibromialgia che ti affligge e dalla quale sembra non vi sia una via di uscita definitiva.
Non si può abbandonare questo libro dimenticando la descrizione acuta, profonda, dettagliata dei dolori fisici che ti provoca questa malattia così subdola, e il finale del racconto, ove scopri che “lo scorpione aveva abbandonato la sua tana...”, lascia bene intendere al lettore che sei stata in grado di superare dentro di te - raffrontandoti con altri malati con i quali hai condiviso il tuo male - tutta l'amarezza ed il dolore che si è accumulato nel tuo animo.
Ecco, Ester, non ho scritto un giudizio molto profondo attorno al tuo libro (la prosa non è tra le mie passioni principali) però ti posso dire che credo di essere giunto alla fine con una consapevolezza di te, della tua scrittura poetica, delle tue passioni civili, delle tue battaglie per i diritti civili in ogni parte del mondo, che mi hanno fatto sentire arricchito e deciso a prestare ancora maggiore attenzione che in passato a quanto tu scrivi in poesia.
Luigi
nota a cura di luigi Paraboschi
Cara Ester,
ho cercato di leggere con molta attenzione la tua raccolta di racconti “Dall'India a Lampedusa. Soste di viaggio”, e devo ammettere che le parole delle quali ti sei servita per i racconti esprimono fino in fondo la tua natura, le tue passioni, la tua indole di donna impegnata fino al sacrificio personale in difesa della vita, sia degli uomini sia degli animali.
E' sorprendente la tua attenzione verso il mondo con cui sei venuta in contatto nelle descrizioni che fai delle tue impressioni di viaggio.
Sei attenta, curiosa, perspicace, profonda nei giudizi e le suggestioni che riporti sai trasmetterle con precisione ai lettori che non possono non rimanere avvinti dai paesaggi, dai fatti, dagli incontri che fai in ogni pagina.
Si avverte, leggendoti, l'occhio lucido e perspicace che hai adottato nel ritrarre la realtà e soprattutto si tocca con mano la visione di viaggiatrice appassionata ed innamorata dell'umanità che ti si presenta, anche se spesso questa umanità assume una visione spiacevole o sgradita all'occhio ed al cuore.
Sei stata capace di catturare ogni sfumatura di colore dentro il paesaggio incontrato negli spostamenti, e noi vediamo con i tuoi occhi le bardature degli elefanti indiani, i colori dei tramonti sui monumenti, la povertà dei bambini che implorano anche con astuzia il dono di una chewing gum o di una caramella, le strade immerse nel traffico caotico delle grandi metropoli, le scimmiette nella città che appartiene ad esse, l'odissea di Kafka, il cane del barbone polacco imbattutosi in un veterinario criminale.
Mi pare che la tua natura di mamma appaia in tutta evidenza nel racconto “Una Pasqua a Bologna” con il tuo figliolo che non poteva tornare a casa per colpa degli esami, del tuo disgusto di fronte al disordine di quell'appartamento nel quale egli conviveva con altri amici, costretti come lui a trattenersi in città per le stesse ragioni sue, ma appare anche chiara in un altro racconto la tua abilità di donna abituata a condurre per mare una barca di grandi dimensioni. Le parole che hai usato in questo caso sono così dense di significato che il lettore resta in sospeso durante la lettura fino a quando il sogno non viene rivelato; mi hai ricordato nelle tue pagine qualche passo di “Tifone” di Conrad, autore che ha amato il mare con la tua stessa intensità di navigatrice e di biologa marina.
Tutto il tuo lavoro è una indagine introspettiva che hai svolto dentro la tua bella anima di persona che condivide spesso il dolore degli “ultimi”, e la figura di Rosa, homeless incontrata nella stazione ferroviaria di Taranto, è quella che ha messo in crisi la tua finta bontà di piccolo borghese che si accontenta di versamenti alle opere di carità verso i poveri ma che è incapace – come del resto tutti noi – di aprire il suo cuore di fronte alla miseria quando essa ci si presenta sotto le specie umane dei “dannati della terra” come avrebbe scritto Franz Fanon negli anni ‘70.
Ma dove credo di averti incontrata più a fondo, nel racconto che non considero tale ma che vorrei leggere come una confessione ed una richiesta di aiuto, è nella pagine che vanno sotto il titolo di “Immersione virtuale”.
Hai un dono Ester, quello dell'onestà interiore, e questo dono è quello che fa di te una “bella” persona. Tu ci spieghi con passione e cura la sofferenza che ti causa la fibromialgia che ti affligge e dalla quale sembra non vi sia una via di uscita definitiva.
Non si può abbandonare questo libro dimenticando la descrizione acuta, profonda, dettagliata dei dolori fisici che ti provoca questa malattia così subdola, e il finale del racconto, ove scopri che “lo scorpione aveva abbandonato la sua tana...”, lascia bene intendere al lettore che sei stata in grado di superare dentro di te - raffrontandoti con altri malati con i quali hai condiviso il tuo male - tutta l'amarezza ed il dolore che si è accumulato nel tuo animo.
Ecco, Ester, non ho scritto un giudizio molto profondo attorno al tuo libro (la prosa non è tra le mie passioni principali) però ti posso dire che credo di essere giunto alla fine con una consapevolezza di te, della tua scrittura poetica, delle tue passioni civili, delle tue battaglie per i diritti civili in ogni parte del mondo, che mi hanno fatto sentire arricchito e deciso a prestare ancora maggiore attenzione che in passato a quanto tu scrivi in poesia.
Luigi