Recensione a cura di Stefano Valentini
La Nuova Tribuna Letteraria. Venilia Editrice. Anno XXV - N.119
La Nuova Tribuna Letteraria. Venilia Editrice. Anno XXV - N.119
FRAGILE. MANEGGIARE CON CURA
Kairos Edizioni, Napoli, 2014 La "fragilità" di cui Ester Cecere parla è quella dell'anima: il dolore interiore, la sofferenza non fisica che, poiché invisibile, raramente è compresa. E non intende della "mia" anima, ma dell'anima in generale. Sì, i poeti dicono volentieri del dolore (e la loro è spesso scambiata a priori per una postura "letteraria"), ma tutti gli altri? L'autrice dice di sé, ma va ben oltre: questo libro non è una richiesta di aiuto, non esibisce né invoca consolazione per le delusioni patite, che pure si intuisce essere molte. Esamina la condizione esistenziale collettiva, quella colta da Ungaretti (citato in epigrafe): "involontaria rivolta / dell'uomo presente alla sua / fragilità". Involontaria, in Cecere, diremmo proprio di no; "presente", ovvero consapevole; sicuramente sì. Motivo per cui, pur parlando di fragilità, questo è un libro assertivo, che prende il discorso di petto e con sguardo lucido. Nazario Pardini, uno che sa sempre quel che dice (e come dirlo), nella sua prefazione definisce questa poesia "libera e docile, melodica e suasiva" eppure irruente e reattiva, schietta e talora risentita. Aggiungiamo noi: fieramente bellicosa e, al contempo, umana e amichevole. Fragile è una bolla di sapone, magia nella quale "il mondo si specchia" e che tuttavia s'infrange appena sfiorata da una farfalla, una foglia, il dito di un bambino; ma fragile è anche una formica esausta, cui basterebbe per sollievo alla fatica "un alito di vento". Un "sentimento del tempo" come portatore di incomprensioni, e causa del dissolversi delle illusioni, aggiunge un tocco leopardiano. L’autrice sembra alludere ad un destino che giunge da lontano quando, in una lirica dedicata alla madre, asserisce come la genitrice scambiò per prati una boscaglia di rovi, per pettirossi avvoltoi, per brezza leggera una bufera che "le acque sconvolge ancora". Quanto a sé, si sente granito anziché arenaria, sequoia secolare anziché arbusto, "straniera in un presente / a cui non appartengo più" (con la sensazione di essere sempre "un secondo troppo presto / o un secondo troppo tardi"), il cuore ridotto a "parco archeologico". Aspira al "sinergismo perduto / d'un afflato comune", invece "come formica / otto volte il mio peso / trasporto. / Da sempre"; vorrebbe volare in stormo, "ma come gabbiano, passero o falco / da sola affronto il mio cielo". Una solitudine che si rispecchia molto spesso, per allegoria e similitudine, in immagini di natura e di animali. Ma improvvisa s'accende una luce, quella religiosa, con il pastore carico di doni ("pesanti fardelli / seppur offerti col cuore" ) che di fronte al Bambino trova infine "la ragione al suo andare"; oppure bastano gli occhi della cagnolina Cherié se "stupita, / anche in te contemplo / nitida / l'impronta del Divino", quel Dio che è "pioggia a lungo attesa". Il libro culmina così in una magnifica preghiera (''Dona linfa vitale / a germogli teneri, in boccio / ché le piccole foglie / a fatica si schiudono. / Dona loro l'acqua / a me destinata. / Lascia che fertile humus / ora diventi") che introduce il compiersi del riscatto, esteso come opportunità a tutti. Ecco la crisalide che diviene farfalla "per volare almeno un giorno", il bucaneve che vince la gelida coltre affiorando "fragile / eppur fortissimo", la consapevolezza foscoliana che "un ricordo sfumato / resta di noi / nei cuori che amammo / e ci amano ancora", un "canto alla vita, nonostante" che apprezza anche le notti senza luna e "il volo basso dei pipistrelli", il profumo del maestrale con il suo "alito fresco sulla pelle spenta", la dolcissima poesia per il figlio Francesco. Infine, i due piccoli gioielli che chiudono il libro: i tetti con le loro tegole, "monotona distesa" come i giorni della vita, cui si contrappongono i "frulli d'ali, / nidi e pigolii" che spezzano le "sequenze ineludibili" e un arrivo in treno attraverso il paesaggio pugliese: "Dal finestrino, la vita / ... / Muretti a secco sull'avara terra, / tracce di forza e tenacia. / Alla stazione, / forse, / un abbraccio di fine corsa". Un libro di qualità, questo di Ester Cecere: donna che di fragile avrà pure tutto, ma certo non la voce e la poesia. |