“Silenzi d'amore” di Caterina GUTTADAURO LA BRASCA
Non l’ho letto, per la precisione “l’ho vissuto”. Con una narrazione semplice, immediata, schietta, un “ininterrotto dialogo” in pratica, ma non priva di passi di vera prosa poetica e di affermazioni che suonano come vere e proprie “pillole di saggezza” e che invitano alla riflessione (cito solo: “In amore non occorre dire o ascoltare, è indispensabile solo sentire”), l’autrice ci trasporta nella Sicilia di un tempo, quando le donne erano relegate a ruoli di secondo piano, essendo loro proibite moltissime cose. Eppure, Caterina ci presenta magistralmente una società matriarcale, in cui le donne, nonne, madri, figlie, sorelle, cugine, cognate, come in un clan, erano legate tra loro da una complicità non palesata, eppure fortissima, che si esprimeva soprattutto nel proteggere la famiglia, i suoi membri più deboli, più sfortunati, quasi al motto di “Una per tutte, tutte per una”; la protezione si attuava in mille modi, anche col silenzio, se era necessario: SILENZI D’AMORE, appunto. In una famiglia matriarcale come quella descritta io ho vissuto; in quel tipo di famiglia non ci si sentiva mai sole perché se non c’era la mamma, si ricorreva alla zia, se la zia era impegnata si andava dalla nonna, e così via; c’era sempre una donna per ogni età e per ogni problema! Famiglie simili, purtroppo, sono rarissime ormai. E tuttavia l’autrice è tanto brava da non sminuire la figura maschile chè gli uomini, pur essendo in secondo piano, sono presentati con la loro dignità, anche quando sono fragili, e non viene negata loro la possibilità del recupero. |
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