Nota critica a cura di Carmelo Consoli, presidente La Camerata dei Poeti
per il libro “Non vedo, non sento e... " di Ester Cecere
dalla presentazione a La Camerata dei Poeti di Firenze del 18 ottobre 2017
http://lacameratadeipoeti.weebly.com/18-ottobre-2017.html
Ester Cecere vive e lavora a Taranto come ricercatrice presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche, occupandosi di biologia marina.
Dopo aver scritto altri quattro libri di poesie ed uno di racconti che cito: “Burrasche e Brezze” del 2010, “Come foglie in autunno” del 2012, “Fragile. Maneggiare con cura” del 2014, “con l'India negli occhi, con l'India nel cuore” del 2016 e come racconti “Istantanee di vita” del 2015, volumi per alcuni dei quali ho avuto il piacere di stilare una nota critica, approda a questa sua ultima fatica letteraria dove la significativa titolazione rappresenta chiaramente un mantra lapidario e provocatorio che attesta al contempo una miscellanea di volontà, comportamenti, denunce e disagi esistenziali.
Da questa prospettiva si capisce bene come sia la personalità dell'autrice, sanguigna e guidata dal senso della giustizia e della libertà e come sia forte la sua volontà di denunciare i dis-valori esistenziali, quali: violenze, disuguaglianze, prevaricazioni, insomma tutte quelle situazioni in cui la personalità umana viene emarginata, violata, umiliata, martirizzata.
La sua è una parola poetica che da sempre ha guardato all'essenzialità del dettato, all'asciuttezza dei versi; un versificare talora crudo, talora dolce ma sempre avvolto nella sensibilissima comprensione della fragilità esistenziale, dei suoi limiti ma anche delle sconfinate bellezze assolute che essa può concedere a chi ne sa cogliere il senso più alto.
Ed allora in sequenza, in questa raccolta ci appaiono le liriche dedicate agli emigrati, ai senzatetto, a Mary in coma, alle vittime di incidenti stradali, ai luoghi piagati dal terremoto, ai lavavetri, ai bambini abbandonati o coinvolti nelle guerre e quindi come vedete una spaziante prospettiva dove innestare la propria commozione partecipativa nei confronti di una umanità soggetta a durissime prove.
Ma ci sono anche poesie dove entra in scena l'attualità delle questioni religiose e dei relativi collegati attentati, della violenza sull'infanzia ed un’ampia panoramica sulle storture di un mondo nel suo immenso spaziare da oriente ad occidente, che indigna e scioglie il suo linguaggio poetico in cui appaiono anche tre poesie dedicate esclusivamente ad Aylan (ricordate il bambino passato alla storia per quella foto sulla spiaggia).
Dunque un'ampia carrellata su territori, personaggi, situazioni drammatiche in cui non si riconosce più il volto dell'amore e della fraternità tra gli uomini, effettuata con fermezza e nobiltà d'anima, e competenza di parola poetica.
Nell'ultima parte del libro entra in scena un mondo tutto al femminile, nei suoi risvolti aspri e dolci ma in generale gran parte di questo volume risente di una particolare atmosfera muliebre con ben tredici poesie dedicate alla donna e con significativi canti che denunciano la loro condizione in una società incivile dominata ancora ampiamente dal potere maschile il cui il maggiore segno distintivo è la violenta prevaricazione.
La parola poetica di Ester Cecere è senza dubbio ampiamente musicale, giocata nella multiforme impostazione del verso che è ricco di variazioni metriche, colto e adattabile alle varianti emotive più ampie.
I suoi versi sono luminosi, contaminanti, messaggi universali.
Una scrittura poetica sincera, immediata che sa tramutare una lucida e razionale visione della vita in profondo trasmutamento lirico nella sua voglia di vedere, sentire e denunciare umanamente e poeticamente e che arriva diretta al cuore e all'anima di chi la legge ed è questo il vero e profondo messaggio della poesia cioè commuovere e far riflettere.
Un messaggio che abbraccia tutto un mondo di fragili ed emarginati dalla società dominante e cosiddetta dabbene.
Inoltrandoci nella lettura di questo libro non potremo non emozionarci per poesie come “Bruxelles” (dedicata ai senza tetto in terra straniera), “Colorate farfalle” (per Bambine Kamikaze in Nigeria), “I Bambini di Atma non hanno scarpe” (a un Bambino siriano) “Bambola di pezza” (per le spose bambine) ed ancora per Hashem Shabaani, poeta iraniano pacifista impiccato e ai popoli tutti privi di libertà.
Nella quarta di copertina del libro troveremo brevi note sull'autrice da parte di importanti critici nazionali tra cui Giorgio Bàrberi Squarotti, Dante Maffia, Nazario Pardini che hanno espresso positivi e lusinghieri giudizi verso la sua poesia che del resto le ha dato tante gratificazioni attraverso i concorsi di poesia in cui è risultata vincitrice.
Dobbiamo concludere che questa nuova prova di Ester Cecere ancora una volta convince e avvince per la genuinità e la freschezza del suo linguaggio poetico e premia la sua umanità, la sua nobiltà e il suo alto senso civile e morale.
Carmelo Consoli
per il libro “Non vedo, non sento e... " di Ester Cecere
dalla presentazione a La Camerata dei Poeti di Firenze del 18 ottobre 2017
http://lacameratadeipoeti.weebly.com/18-ottobre-2017.html
Ester Cecere vive e lavora a Taranto come ricercatrice presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche, occupandosi di biologia marina.
Dopo aver scritto altri quattro libri di poesie ed uno di racconti che cito: “Burrasche e Brezze” del 2010, “Come foglie in autunno” del 2012, “Fragile. Maneggiare con cura” del 2014, “con l'India negli occhi, con l'India nel cuore” del 2016 e come racconti “Istantanee di vita” del 2015, volumi per alcuni dei quali ho avuto il piacere di stilare una nota critica, approda a questa sua ultima fatica letteraria dove la significativa titolazione rappresenta chiaramente un mantra lapidario e provocatorio che attesta al contempo una miscellanea di volontà, comportamenti, denunce e disagi esistenziali.
Da questa prospettiva si capisce bene come sia la personalità dell'autrice, sanguigna e guidata dal senso della giustizia e della libertà e come sia forte la sua volontà di denunciare i dis-valori esistenziali, quali: violenze, disuguaglianze, prevaricazioni, insomma tutte quelle situazioni in cui la personalità umana viene emarginata, violata, umiliata, martirizzata.
La sua è una parola poetica che da sempre ha guardato all'essenzialità del dettato, all'asciuttezza dei versi; un versificare talora crudo, talora dolce ma sempre avvolto nella sensibilissima comprensione della fragilità esistenziale, dei suoi limiti ma anche delle sconfinate bellezze assolute che essa può concedere a chi ne sa cogliere il senso più alto.
Ed allora in sequenza, in questa raccolta ci appaiono le liriche dedicate agli emigrati, ai senzatetto, a Mary in coma, alle vittime di incidenti stradali, ai luoghi piagati dal terremoto, ai lavavetri, ai bambini abbandonati o coinvolti nelle guerre e quindi come vedete una spaziante prospettiva dove innestare la propria commozione partecipativa nei confronti di una umanità soggetta a durissime prove.
Ma ci sono anche poesie dove entra in scena l'attualità delle questioni religiose e dei relativi collegati attentati, della violenza sull'infanzia ed un’ampia panoramica sulle storture di un mondo nel suo immenso spaziare da oriente ad occidente, che indigna e scioglie il suo linguaggio poetico in cui appaiono anche tre poesie dedicate esclusivamente ad Aylan (ricordate il bambino passato alla storia per quella foto sulla spiaggia).
Dunque un'ampia carrellata su territori, personaggi, situazioni drammatiche in cui non si riconosce più il volto dell'amore e della fraternità tra gli uomini, effettuata con fermezza e nobiltà d'anima, e competenza di parola poetica.
Nell'ultima parte del libro entra in scena un mondo tutto al femminile, nei suoi risvolti aspri e dolci ma in generale gran parte di questo volume risente di una particolare atmosfera muliebre con ben tredici poesie dedicate alla donna e con significativi canti che denunciano la loro condizione in una società incivile dominata ancora ampiamente dal potere maschile il cui il maggiore segno distintivo è la violenta prevaricazione.
La parola poetica di Ester Cecere è senza dubbio ampiamente musicale, giocata nella multiforme impostazione del verso che è ricco di variazioni metriche, colto e adattabile alle varianti emotive più ampie.
I suoi versi sono luminosi, contaminanti, messaggi universali.
Una scrittura poetica sincera, immediata che sa tramutare una lucida e razionale visione della vita in profondo trasmutamento lirico nella sua voglia di vedere, sentire e denunciare umanamente e poeticamente e che arriva diretta al cuore e all'anima di chi la legge ed è questo il vero e profondo messaggio della poesia cioè commuovere e far riflettere.
Un messaggio che abbraccia tutto un mondo di fragili ed emarginati dalla società dominante e cosiddetta dabbene.
Inoltrandoci nella lettura di questo libro non potremo non emozionarci per poesie come “Bruxelles” (dedicata ai senza tetto in terra straniera), “Colorate farfalle” (per Bambine Kamikaze in Nigeria), “I Bambini di Atma non hanno scarpe” (a un Bambino siriano) “Bambola di pezza” (per le spose bambine) ed ancora per Hashem Shabaani, poeta iraniano pacifista impiccato e ai popoli tutti privi di libertà.
Nella quarta di copertina del libro troveremo brevi note sull'autrice da parte di importanti critici nazionali tra cui Giorgio Bàrberi Squarotti, Dante Maffia, Nazario Pardini che hanno espresso positivi e lusinghieri giudizi verso la sua poesia che del resto le ha dato tante gratificazioni attraverso i concorsi di poesia in cui è risultata vincitrice.
Dobbiamo concludere che questa nuova prova di Ester Cecere ancora una volta convince e avvince per la genuinità e la freschezza del suo linguaggio poetico e premia la sua umanità, la sua nobiltà e il suo alto senso civile e morale.
Carmelo Consoli