Recensione a cura di Liviana Simoncini
SALOTTO LETTERARIO (rubrica a cura di Liviana Simoncini) Ottobre - Novembre 2015 LA FRAGILITÀ È SOLO FEMMINA? http://www.giulemani.org/index.php?option=com_content&task=view&id=368&Itemid=48 Con l'inizio di questo nuovo anno, la mia ricerca di poesie, libri e film si è ancora soffermata nella nostra Italia che offre una vasta gamma di poeti, scrittori e registi degni di essere conosciuti. Mi sono lasciata guidare, come al solito dall'istinto o meglio dalle emozioni che provo quando incontro nuovi autori/autrici. Sono stata colpita dal titolo: " FRAGILE. MANEGGIARE CON CURA ", della raccolta di poesie di ESTER CECERE, poetessa per me sconosciuta fino a poco tempo fa, ed anche dall'immagine della copertina del libro che su uno sfondo celeste come il mare presenta una natura morta costituita di due gusci spaccati di conchiglia ed altri esseri marini. Essendo biologa marina a Taranto, la poetessa è sicuramente esperta della vita che esiste nel mondo marino ed anche della fragilità dei suoi abitanti, tanto da doverli maneggiare con cura. La stessa autrice in una sua nota all'interno del libro evidenzia quanto sia necessario usare, nello spostare oggetti fragili e di valore, una grande cautela nel maneggiarli. Poi specifica che anche le persone sono anime fragili ed in quanto tali abbisognano della massima delicatezza nei rapporti interpersonali. Ciò spesso non accade perché tendiamo a ferirci, spesso per superficialità o distrazione e talvolta per pura malignità. Sovente é la stessa vita a calpestare i nostri sentimenti ed allora ci ritroviamo soli, senza l'aiuto che ci aspetteremmo a dover fronteggiare prove più grandi di noi che talvolta ci riducono in minuscoli frammenti difficili da ricomporre. E' l' istinto di sopravvivenza che ci aiuta a ricomporci, a risalire dal profondo del baratro in cui eravamo caduti, ma è certo che difficilmente ritroveremo la fiducia nell'altro. Né una pallottola né una scheggia possono provocare la stessa sofferenza di una disillusione, di un' offesa inferta da chi si ama e le ferite dell' anima non si rimargineranno ma ricominceranno a sanguinare ogni qual volta qualcosa o qualcuno dimenticherà la nostra fragilità e non ci maneggerà con cura. Tutto questo Ester Cecere ce lo dice o meglio ce lo trasmette con una poesia piena di musicalità, con versi trisillabi, quaternari, settenari, ottonari, novenari ed anche endecasillabi, sebbene poi l'armonia strida con i temi trattati che rivelano la sua inquietudine, il suo continuo cozzare con i problemi esistenziali, il suo "male di vivere" come direbbe Montale. Ma la poesia è soprattutto un modo per liberarci dalle angosce del nostro vivere, dalle delusioni, dagli inganni, dalle ansie che ogni giorno riempiono le nostre giornate. Ed è proprio questo per me il poetare: tradurre in parole più veritiere, più leggere quanto sovente ci si senta infrangere di fronte agli urti che la vita presenta nel corso del tempo non tenendo conto della fragilità umana. Quella fragilità che in "Fratelli" ben esprimeva Giuseppe Ungaretti: "nell'aria spasimante/ involontaria rivolta/ dell'uomo/ presente alla sua fragilità". Ester Cecere ha questo grande dono: con estrema onestà apre il suo animo e svela la sua disperazione, la solitudine, il rimpianto, l'incomprensione, la speranza, che la rendono persona da maneggiare con cura. Il vento, l'arcobaleno, la farfalla, la coccinella, lo stelo verde e sottile, la formica, le spine... sono gli elementi delle sue metafore, della sua ars di poetare così vicina a quella del nostro Giovane Favoloso. Anche le sue poesie sono piene di domande irrisolte, di momenti in cui sembri che il mondo crolli definitivamente, che tutto l' universo sia malato e non ci siano altro che cocci aguzzi lungo il cammino. Alla poesia si affida la Nostra perché è l' unica a non tradirla. Ester poi sa ritrovare la via, la speranza, la fiducia negli altri, perché sa amare. È piena di valori, crede nell'uomo, nella natura con le sue bellezze, nella spiritualità. Per questo riesce ad uscire dal tunnel in cui sembrava essersi persa e rivede la luce dopo giorni di fitta nebbia. Ed allora canta alla vita, nonostante tutto, respira una folata di vita portata dal maestrale e si sente ripagata dall'amore che gli arriva da quel giovanissimo sguardo. Forse muterà il lamento in canto. Tre poesie che fanno intuire il graduale passaggio dal senso di fragilità estrema al desiderio di vita. BOLLA DI SAPONE D'aliti di vento sospinta, elegante e fragile, nell'aria danzo. Iridescenze mi vestono. L'arcobaleno m'adorna. In me il mondo si specchia. Oscuro d'insidie il mio cammino. Il volo di una farfalla, la foglia d'un pino, temo. Persino, il dito d'un bambino. IL PROFUMO DEL MAESTRALE Una folata di vita ho respirato. Me l'ha portata il maestrale di maggio. Di cresta in cresta sul mare agitato saltava. D'improvviso, ne ho sentito il profumo, l'alito fresco sulla pelle spenta. Forse, muterò il lamento in canto. SGUARDO CHE TUTTO RIPAGA Come profumo di mare in brezza leggera, gioia profonda e tenera respiro. Disorientato e commosso il giovanissimo tuo sguardo. Gli uni negli altri i nostri occhi, sguardo d'amore e d'intesa che tutto ripaga. |
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