“Graffio d’alba”di Lenio Vallati
E’ un “vinto” il protagonista di questo originale romanzo di Lenio Vallati. Un vinto, perché incapace e rinunciatario, secondo i canoni, esclusivamente di tipo economico-produttivo, della nostra società, secondo la quale si è “arrivati”, solo se si è “manager di successo, produttivi e competitivi”, a tutti i costi, costi quel che costi! E il nostro non lo è. Si è trovato a vivere una vita che il padre ha scelto per lui; una vita che egli non voleva e non amava ma che non ha avuto la forza di respingere, di rifiutare quando era ancora in tempo. In questa vita “non sua”,egli fallirà e fuggirà, non essendo all’altezza di gestire le situazioni che col tempo sono maturate. Un fallito, quindi, un vigliacco, che si sottrae alle sue responsabilità non essendo in grado di affrontarle anche a costo di perdere le persone che ama. Infatti, fuggirà e diventerà un barbone. Ma quante cose insegna al lettore, questo “fallito”! Questo barbone “colto e dai modi gentili” insegna che è proprio dovere scegliere in totale autonomia la vita che si vuole condurre, il lavoro verso il quale ci si sente inclini. Osserva egli stesso e porta all’attenzione di chi legge le”bellezze” che la vita frenetica e convulsa nella quale agiamo come marionette impazzite, ci porta via: “….Mi sono reso conto solo da poco di quanto è bello camminare lentamente e osservare tutto ciò che ci accade intorno. Al di fuori del tempo e dello spazio.” Ci fa notare quanta gente intorno a noi sia bisognosa di aiuto, il quale, a volte, per noi è un gesto, anche semplicissimo, quale aiutare un bimbo o un anziano ad attraversare la strada. Tuttavia, noi cittadini evoluti, arrivati e competitivi neanche pensiamo di porgerlo, questo minimo aiuto; ché un minuto donato è un minuto sprecato in termini di produttività! Ci insegna, questo “vinto”, che nella vita che noi conduciamo (oppure è la vita che conduce noi?), non abbiamo tempo per la sofferenza altrui, non la riconosciamo nemmeno. Essa ci appare, drammatica, solo quando “tocca la nostra vita”. Eppure la sofferenza ci circonda quotidianamente: è nel vecchio abbandonato, nel barbone, nella donna violentata e finita sulla strada…. E allora viene da chiedersi: “E’ necessario diventare barboni per capire tutto questo? Per riappropriarsi della propria umanità?” E’ monito e consiglio accorato, quello che ci viene dal protagonista: “Non sprecate la vostra vita!” La narrazione è arricchita da numerosi passi di vera prosa poetica dai quale emerge, nitido, il Vallati poeta che, in tutta il romanzo da prova di possedere un notevole spirito di osservazione e grande sensibilità, quest’ultima, del resto, ben nota. |
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