Come foglie in autunno di Ester Cecere
Pescara, Edizioni Tracce, 2012 Premio Speciale del Presidente (da L. A. Medea “Non abbiate paura! Antologia del Premio Nazionale Histonium 2012”. ArtWork sas. Vasto 2013). La prof.ssa Ninnj Di Stefano Busà, fine poetessa e impegnata operatrice culturale di Milano, premiata all'Histonium 2010 con il Gran Trofeo "Lucio Valerio Pudente", scrive all'inizio della prefazione al volume: “In questa sua seconda raccolta poetica, che porta il titolo emblematico "Come foglie in autunno", Ester Cecere appare più incisiva e coesa”. Non posso che condividere tale giudizio. Mi sono trovato, infatti, dinanzi ad un percorso lirico intenso, ricco di metafore e di approfondimenti, che caratterizzano una visione di vita, segnata dalla inquietudine e dal dolore, visione che la stessa Cecere sente molto vicina a quella del grande Ungaretti, quando nota: "Eco del mio animo / i tuoi versi. / Sentire del mio sentire / il tuo. / Dolore del mio dolore. / Nella piena maturità / ora leggendoti, / ricordo d'averti sempre udito". Certo, già dalla prima lirica, che dà il titolo alla raccolta, l'autrice vuole richiamare l'attenzione del lettore su come sia precaria la sua situazione esistenziale, utilizzando l'efficace immagine delle foglie: "Una dopo l'altra / si staccano le foglie. / Lente volteggiano alcune. / Veloci cadono altre. / E sempre più spoglio resta / dei miei affetti l'albero. // Quanta forza resta ancora al mio picciolo? / Quando al suolo giungerò anch'io come le altre?". Più avanti ricorda un inganno, provato mentre volteggiavano fiocchi di neve: "Macigni invece / giunsero sul cuore, / taglienti e aguzzi, / e fosse / di sangue ancora vivo / incolmabili scavarono". A volte sente il suo io fuggire "come esule", si accorge che l'ipocrisia e l'ingratitudine le spengono ogni entusiasmo, prova nel petto "un macigno / unico e compatto". Altre volte le sembra "fiele in bocca / il sapore di una vita / spesa in un alveare pazzo / senza produrre miele" . Eppure i versi della Cecere non si attardano mai in uno sterile pessimismo. C'è in lei il piglio della combattente, che non si arrende tanto facilmente all'avverso destino, ma procede con coraggio nelle difficoltà "un porto sicuro cercando / per un nuovo ormeggio". La forza la ritrova negli affetti più cari (teneri i versi dedicati alla madre: "Salirei lassù vicino a te / per riposarmi sul tuo cuore. / E troverei risposte / nel silenzio dei tuoi occhi"); nella contemplazione della natura ("Mi riempio / dello stupore dell' alba / che di rosa tinge della notte le ombre"); nella presenza di un persona amica ("Imprevista / una brezza si leva. / È il soffio caldo dell'amicizia"); nella riscoperta della sofferenza e solitudine, vissute da altri ("Solo ora ti vedo / Negli occhi senza luce / del bimbo denutrito, / nella ragazzina violata / ora lungo la strada, / nel passo timoroso e incerto del vecchio solo con il suo bastone ... ") e, infine, nella dimensione della fede che ritrova il senso autentico della preghiera anche nel vento, nello scroscio dei ruscelli, nel richiamo dell'upupa e nell'immutato silenzio dei chiostri. |
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