LA POETICA DI ESTER CECERE
a cura di Francesco Mulè
“NON VEDO, NON SENTO E...”
Ester Cecere, classe 1958, nativa di Taranto, dove vive e lavora come ricercatrice presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche, occupandosi di biologia marina. Autrice di quattro sillogi poetiche e di una raccolta di racconti.
Ester nasce e cresce poeta, pluripremiata nei vari concorsi nazionali e internazionali che La vedono ai primi posti nelle classifiche, con riconoscimenti e apprezzamenti di pubblico e di critica.
Oggi La incontriamo con una nuova raccolta in versi liberi, come libera è la psiche dell'uomo e, quindi, della nostra poeta. Si tratta di “Non vedo, non sento e...”, la cui poesia non è solo una finalità, ma anche un mezzo: quello che ci permette di leggere e conoscere l'uomo e, con lui, il mondo e la sua storia.
La voce della Cecere ci giunge dal silenzio, dalla meditazione, dalla solitudine. Nasce dall'inquietudine, dall'incertezza. Scaturisce dalla paura di fronte alle grandi domande dell'esistenza e del suo senso. La Sua è la poesia suggerita dal quotidiano degli eventi che Le si vengono, purtroppo, a presentare.
Mi rallegro per la circostanza che mi ha consentito di incontrarLa: il concorso di poesia internazionale “Giacomo Natta” che ha portato la Nostra a ritirare il premio alcuni anni fa a Vallecrosia. Mi ha dato modo di conoscerLa, stimarLa e apprezzarLa, nelle vesti di donna, di poeta, di narratrice, per aver scritto di ogni sua raccolta sia di poesia sia di narrativa una mia nota di critica.
“La poesia non ha lo scopo di razionalizzare, ma di esprimere in versi sentimenti e idee, dare sensazioni, richiamare quel qualcosa d'estremamente intimo e personale. Il testo poetico esercita sicuramente la sua funzione nel farsi leggere, ricordare, meditare, e invita il lettore a soffermarvisi e a far viaggiare l'immaginazione sulla spinta delle emozioni, delle immagini che suscita.”
(http://www.inftub.com/letteratura/POESIA-Funzione-sociale-del-Po51497.php).
Ritengo che questa affermazione ben si attagli ai versi di seguito riportati:
“A centinaia,
giacciono in fila.
Chiusi gli occhi.
I corpi intatti.
D'ogni età
fanciulli e fanciulle.
Invisibile nell'aria,
la morte
hanno respirato.
L'han portata i razzi di Erode.
Erode è tornato!
A Damasco,
ancora una volta è re.”
(da: Erode è tornato)
dacché la poesia della Nostra diviene anche uno stimolo alla riflessione intellettuale e filosofica che vuol trasmettere insegnamenti.
Posso dire che il piacere che ho provato leggendo le liriche di Ester, pochi altri poeti me l'hanno dato. Sono riuscito ad assaporare subito un che di libero! Sì, la poesia della Cecere, veicolo di espressione e di meditazione, comunica un autentico senso di libertà e di curiosità a proseguire nella (ri)lettura di parecchi brani ancora, partoriti da professionalità e da un perfetto connubio di fantasia e realtà.
Versi ricchi di fascino e di vera liricità che, con quest'ultimo lavoro, raggiungono un raffinato grido di fascinazione letteraria con uno stile di perfetta scrittura immediata e spontanea. Brani che si rivelano didattico / pedagogici perché l'Autrice è la narratrice del quotidiano nel pensiero e nell'azione, nella mente e nel cuore.
“Di doglie urlava
il mare in burrasca.
Carillon dei tuoi sogni,
regolare e tranquillo,
in tamburo impazzito
d'improvviso mutò
del materno cuore il battito”
(da: Ti fu culla e bara il mare)
Lirica destinata Al piccolo migrante nato e morto durante la traversata, cui fanno seguito parecchi altri versi che ricordano Aylan, migrante di tre anni, trovato morto sulla spiaggia di Bodrum e, ancora, un altro piccolo siriano di quattro mesi, morto per assideramento. Versi di forte rabbia e, nello stesso momento, di preghiera, di viva commozione per una morte ovviamente ingiusta:
“Tiepido ti scaldi il sole
e leggero ti accarezzi il vento.
Che almeno questo sonno ti sia lieve!”
(da: Dalla marea adagiato)
I versi della Nostra nascono “dal sogno come viatico dominante, assoluta mancanza di separazione tra l'Io e la realtà esterna. Per esprimere la complessità di rapporto tra realtà esterna e realtà interiore, nulla vi è di meglio che la poesia.”
(http://www.inftub.com/letteratura/POESIA-Funzione-sociale-del-Po51497.php)
Ella è, quindi, poeta della poesia pura, ricca di sentimenti fondanti, giusti e veri che giungono direttamente al cuore dei suoi affezionati lettori; poeta del cuore e della mente.
La poesia lirica di Ester Cecere, in accordo con Filippo Vitale (in: Arte e Cultura, Voli Pindarici: Il ruolo della poesia: descrizione oggettiva o semplice chimera? http://madnessmagazine.altervista.org/ruolo-della-poesia-descrizione-oggettiva-semplice-chimera/) “è il frutto di una riflessione solitaria e di un progressivo arricchimento… un movimento intimistico” che certo stride fortemente con le esigenze e le abitudini della moderna società di massa, in cui le immagini e i messaggi affidati alla radio e alla televisione si avvicendano in maniera sempre più vorticosa, come evidenziato già nel 1975 da Eugenio Montale nel “Discorso tenuto all’Accademia di Svezia” in occasione del conferimento del Nobel (“È ancora possibile la poesia?”).
Per non parlare poi del ruolo giocato oggi dai social network dove le poesie dei grandi autori sono usate come veloce repertorio da cui trarre solo poche citazioni (http://letturesocial.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/11/30/robinson-la-poesia-oggi-e-il-mondo-dei-social/)
e dove chiunque si cimenti con la scrittura in “versi” può rapidamente divulgare le sue “opere”.
Nel nostro tempo virtuale, in cui l’immagine è venerata, la riproducibilità tecnica è un requisito imprescindibile, le informazioni hanno superato le barriere nazionali, è ancora possibile, per la Nostra, ritagliarsi un angolino tutto suo per riflettere, chiedersi, dubitare, per tutte quelle operazioni concettuali che definiscono il suo cantare in versi.
La Sua è ancora una vera poesia dettata dalla Sua psiche, voce dell'individualità, che si trova a vivere, purtroppo, nella società delle comunicazioni di massa.
Ella ha affidato e continua ad affidare ai suoi versi, le sue emozioni, i suoi sentimenti, le sue gioie, le sue angosce, i suoi ricordi e, perché no?, in certi casi, anche la rabbia dacché, come sostiene Conte “La poesia non muore mai del tutto, perché la sua scomparsa comporterebbe l’atrofizzazione del linguaggio e del pensiero” (G. Conte, “Ma la poesia non sempre deve essere popolare”, Il Corriere della Sera 15/01/2003), e aggiungo, della conoscenza e della gnoseologia, la materializzazione della voce del cuore.
Pertanto, questa raccolta di poesie di Ester Cecere mi porta a concludere e a ribadire, che la poesia esisterà “…finché il Sole / Risplenderà su le sciagure umane!” come cantò il grande Ugo Foscolo.
Alla nostra Poeta i migliori e i più sinceri auguri di giungere quanto prima là dove si merita, ad un posto centrale della poesia italiana. Sono fermamente convinto che ne sia degna.
(PER ASPERA -SIC ITUR- AD ASTRA)
Vallecrosia, 19 giugno 2017 – ore 12,18
Prof. Francesco Mulè
(Poeta, critico letterario, promotore culturale, fondatore e presidente del Circolo culturale “Smile” di Vallecrosia, giornalista, autore di canzoni [parole e musica])
a cura di Francesco Mulè
“NON VEDO, NON SENTO E...”
Ester Cecere, classe 1958, nativa di Taranto, dove vive e lavora come ricercatrice presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche, occupandosi di biologia marina. Autrice di quattro sillogi poetiche e di una raccolta di racconti.
Ester nasce e cresce poeta, pluripremiata nei vari concorsi nazionali e internazionali che La vedono ai primi posti nelle classifiche, con riconoscimenti e apprezzamenti di pubblico e di critica.
Oggi La incontriamo con una nuova raccolta in versi liberi, come libera è la psiche dell'uomo e, quindi, della nostra poeta. Si tratta di “Non vedo, non sento e...”, la cui poesia non è solo una finalità, ma anche un mezzo: quello che ci permette di leggere e conoscere l'uomo e, con lui, il mondo e la sua storia.
La voce della Cecere ci giunge dal silenzio, dalla meditazione, dalla solitudine. Nasce dall'inquietudine, dall'incertezza. Scaturisce dalla paura di fronte alle grandi domande dell'esistenza e del suo senso. La Sua è la poesia suggerita dal quotidiano degli eventi che Le si vengono, purtroppo, a presentare.
Mi rallegro per la circostanza che mi ha consentito di incontrarLa: il concorso di poesia internazionale “Giacomo Natta” che ha portato la Nostra a ritirare il premio alcuni anni fa a Vallecrosia. Mi ha dato modo di conoscerLa, stimarLa e apprezzarLa, nelle vesti di donna, di poeta, di narratrice, per aver scritto di ogni sua raccolta sia di poesia sia di narrativa una mia nota di critica.
“La poesia non ha lo scopo di razionalizzare, ma di esprimere in versi sentimenti e idee, dare sensazioni, richiamare quel qualcosa d'estremamente intimo e personale. Il testo poetico esercita sicuramente la sua funzione nel farsi leggere, ricordare, meditare, e invita il lettore a soffermarvisi e a far viaggiare l'immaginazione sulla spinta delle emozioni, delle immagini che suscita.”
(http://www.inftub.com/letteratura/POESIA-Funzione-sociale-del-Po51497.php).
Ritengo che questa affermazione ben si attagli ai versi di seguito riportati:
“A centinaia,
giacciono in fila.
Chiusi gli occhi.
I corpi intatti.
D'ogni età
fanciulli e fanciulle.
Invisibile nell'aria,
la morte
hanno respirato.
L'han portata i razzi di Erode.
Erode è tornato!
A Damasco,
ancora una volta è re.”
(da: Erode è tornato)
dacché la poesia della Nostra diviene anche uno stimolo alla riflessione intellettuale e filosofica che vuol trasmettere insegnamenti.
Posso dire che il piacere che ho provato leggendo le liriche di Ester, pochi altri poeti me l'hanno dato. Sono riuscito ad assaporare subito un che di libero! Sì, la poesia della Cecere, veicolo di espressione e di meditazione, comunica un autentico senso di libertà e di curiosità a proseguire nella (ri)lettura di parecchi brani ancora, partoriti da professionalità e da un perfetto connubio di fantasia e realtà.
Versi ricchi di fascino e di vera liricità che, con quest'ultimo lavoro, raggiungono un raffinato grido di fascinazione letteraria con uno stile di perfetta scrittura immediata e spontanea. Brani che si rivelano didattico / pedagogici perché l'Autrice è la narratrice del quotidiano nel pensiero e nell'azione, nella mente e nel cuore.
“Di doglie urlava
il mare in burrasca.
Carillon dei tuoi sogni,
regolare e tranquillo,
in tamburo impazzito
d'improvviso mutò
del materno cuore il battito”
(da: Ti fu culla e bara il mare)
Lirica destinata Al piccolo migrante nato e morto durante la traversata, cui fanno seguito parecchi altri versi che ricordano Aylan, migrante di tre anni, trovato morto sulla spiaggia di Bodrum e, ancora, un altro piccolo siriano di quattro mesi, morto per assideramento. Versi di forte rabbia e, nello stesso momento, di preghiera, di viva commozione per una morte ovviamente ingiusta:
“Tiepido ti scaldi il sole
e leggero ti accarezzi il vento.
Che almeno questo sonno ti sia lieve!”
(da: Dalla marea adagiato)
I versi della Nostra nascono “dal sogno come viatico dominante, assoluta mancanza di separazione tra l'Io e la realtà esterna. Per esprimere la complessità di rapporto tra realtà esterna e realtà interiore, nulla vi è di meglio che la poesia.”
(http://www.inftub.com/letteratura/POESIA-Funzione-sociale-del-Po51497.php)
Ella è, quindi, poeta della poesia pura, ricca di sentimenti fondanti, giusti e veri che giungono direttamente al cuore dei suoi affezionati lettori; poeta del cuore e della mente.
La poesia lirica di Ester Cecere, in accordo con Filippo Vitale (in: Arte e Cultura, Voli Pindarici: Il ruolo della poesia: descrizione oggettiva o semplice chimera? http://madnessmagazine.altervista.org/ruolo-della-poesia-descrizione-oggettiva-semplice-chimera/) “è il frutto di una riflessione solitaria e di un progressivo arricchimento… un movimento intimistico” che certo stride fortemente con le esigenze e le abitudini della moderna società di massa, in cui le immagini e i messaggi affidati alla radio e alla televisione si avvicendano in maniera sempre più vorticosa, come evidenziato già nel 1975 da Eugenio Montale nel “Discorso tenuto all’Accademia di Svezia” in occasione del conferimento del Nobel (“È ancora possibile la poesia?”).
Per non parlare poi del ruolo giocato oggi dai social network dove le poesie dei grandi autori sono usate come veloce repertorio da cui trarre solo poche citazioni (http://letturesocial.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/11/30/robinson-la-poesia-oggi-e-il-mondo-dei-social/)
e dove chiunque si cimenti con la scrittura in “versi” può rapidamente divulgare le sue “opere”.
Nel nostro tempo virtuale, in cui l’immagine è venerata, la riproducibilità tecnica è un requisito imprescindibile, le informazioni hanno superato le barriere nazionali, è ancora possibile, per la Nostra, ritagliarsi un angolino tutto suo per riflettere, chiedersi, dubitare, per tutte quelle operazioni concettuali che definiscono il suo cantare in versi.
La Sua è ancora una vera poesia dettata dalla Sua psiche, voce dell'individualità, che si trova a vivere, purtroppo, nella società delle comunicazioni di massa.
Ella ha affidato e continua ad affidare ai suoi versi, le sue emozioni, i suoi sentimenti, le sue gioie, le sue angosce, i suoi ricordi e, perché no?, in certi casi, anche la rabbia dacché, come sostiene Conte “La poesia non muore mai del tutto, perché la sua scomparsa comporterebbe l’atrofizzazione del linguaggio e del pensiero” (G. Conte, “Ma la poesia non sempre deve essere popolare”, Il Corriere della Sera 15/01/2003), e aggiungo, della conoscenza e della gnoseologia, la materializzazione della voce del cuore.
Pertanto, questa raccolta di poesie di Ester Cecere mi porta a concludere e a ribadire, che la poesia esisterà “…finché il Sole / Risplenderà su le sciagure umane!” come cantò il grande Ugo Foscolo.
Alla nostra Poeta i migliori e i più sinceri auguri di giungere quanto prima là dove si merita, ad un posto centrale della poesia italiana. Sono fermamente convinto che ne sia degna.
(PER ASPERA -SIC ITUR- AD ASTRA)
Vallecrosia, 19 giugno 2017 – ore 12,18
Prof. Francesco Mulè
(Poeta, critico letterario, promotore culturale, fondatore e presidente del Circolo culturale “Smile” di Vallecrosia, giornalista, autore di canzoni [parole e musica])