Recensione della raccolta poetica “Fragile. Maneggiare con cura”
di Ester Cecere (Kairos edizioni) a cura di Claudia Piccinno IL PORTICCIOLO. Rivista di informazione, approfondimenti e notizie di cultura, arte e società. Le Edizioni del Porticciolo. Anno VIII - Numero IV - Dicembre 2015 Cinquantotto componimenti, ripartiti in otto sezioni, in cui la poetessa ci rivela la sua anima e il suo amore per il mare e per la vita. Dallo smarrimento iniziale all’afflizione per i colpi bassi del destino, si passa al Silenzio in cui si lascia decantare il dolore, per poi ritrovare conforto nella fede e approdare infine a un canto di rinascita. Leggendo le poesie tutte in fila, si assiste alla trasformazione di Ester Cecere che, seppur dichiara nel secondo componimento “Non uscirò dal bozzolo…non diventerò farfalla”, arriva verso la fine del libro ad una diversa consapevolezza della necessità di una metamorfosi: “Da crisalide in farfalla mi trasformerò per volare almeno un giorno.” In questa raccolta poetica è condensata tutta la fragilità del sentimento, ma traspare vivida anche la forza della razionalità di una donna che, malgrado abbia perso le sue radici familiari, sa restare ancorata per terra alla bellezza della natura e al quotidiano andare verso la capanna. C’è fede in questi versi. Ella crede alla rotta segnata dalle stelle, sa individuare Dio nello sguardo della sua cagnolina, ma rifugge l’ipocrisia e gli eventi mondani, lasciando che” il mondo(la) viva”. Pertanto a dividersi la scena son la forza e la fragilità, elementi in antitesi eppur complementari in una autrice che affronta le burrasche, anche quando le vien meno la sabbia sotto i piedi. Tale binomio lo ritrovo in molti componimenti, tra cui “Lupo solitario” quando leggo “In radure soleggiate fiducioso sosta, le ferite d’impetuosi rovi ora leccandoti. Immobile, l’aria annusa”. L’istinto di sopravvivenza prevale sul male subito. Altra metafora che rafforza il mio convincimento, si evidenzia leggendo “Il bucaneve” Non ti ha vinto l’inverno sul ripido pendio ancor più spietato. Né ti ha fermato della neve la coltre dal maestrale indurita. Della tua gelida coperta I cristalli hai fuso, fragile eppur fortissimo affiorando. Ho colto nell’isolamento del bucaneve e nei colpi del maestrale in inverno…la grande capacità di rigenerarsi, aspettando tempi migliori. La poetessa dimostra di saper cogliere al volo anche i profumi che il maestrale trasporta nel mese di maggio ed ella afferma” forse muterò il mio lamento in canto”. La positività e la voglia di vivere prevalgono, il vento e l’acqua simboleggiano rinnovamento l’uno e nascita l’altra. La fotografia di Annamaria Alabiso in copertina anticipa il messaggio poetico: le conchiglie scheggiate in primo piano, si appoggiano al corallo sullo sfondo. Sedimento sopra sedimento, si sviluppano rossi rami di sublime bellezza ed è ciò che immagino sia successo nella vita di Ester: grossi dispiaceri, perdite e dolori si sedimentano in versi che evolvono al bello e alla speranza. |
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