Ester Cecere: Fragile. Maneggiare con cura. Napoli: Kairós Edizioni: Prefazione di
Nazario Pardini: PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® IV Edizione 2014: Premio Speciale
della Giuria: Recensione di Rita Mascialino
La raccolta di poesie di Ester Cecere Fragile: Maneggiare con cura (Napoli: Kairós Edizioni: Vincitore Premio Franz Kafka Italia ® 2014) contiene cinquantanove poesie incentrate sul tema, come preannuncia il titolo stesso, della fragilità dei sentimenti e della necessità che vengano trattati con delicatezza, con cautela, questo perché la personalità degli esseri umani non venga danneggiata anche irreversibilmente. Un punto di vista piuttosto deciso che non lascia adito a rammendi possibili dell'anima una volta che si sia rotto qualcosa in essa. Lo stile è chiaro, i concetti sono esposti in modo agevolmente comprensibile, l'espressione degli stati d'animo ha centralità come deve essere nella poesia lirica. Spicca la posizione del verbo delle frasi quasi sempre all'ultimo posto. Ciò è dovuto ad una duplice motivazione. Da un lato è un vezzo delle parlate meridionali più vicine di quelle del Nord agli usi della lingua latina - per altro comuni alle lingue più antiche - di porre il verbo della frase principale in fondo alla frase, alla fine dei complementi appartenenti allo specifico enunciato. Nel contempo l'anticipazione di tutti i componenti della proposizione, sostantivi, avverbi, aggettivi, mette gli stessi in primo piano, enfatizzandone il significato. Compaiono nella Cecere anche versi formati da una sola parte del discorso. Facciamo un esempio citando l'intera poesia Verso la pozza d'acqua (24): "Stelo verde e sottile, / inesorabile, / sotto il mio peso / verso la pozza piega. / Formica, / nell'universo che smisura, / con esauste zampette / m’abbranco, / di risalire cerco. / Nell'aiuto / d'un alito di vento / spero." Si tratta della proiezione della personalità della protagonista in uno stelo verde, quindi vivo, giovane e delicato, che si piega verso una pozzanghera schiacciato dal peso della stessa, dal suo fardello di dolore, così che la protagonista si sente come una formica, ossia molto piccola rispetto all'incommensurabile universo, la quale cerchi di risalire dalla posizione prona in cui rischia di annegare o di avere danni, posizione in cui si è ritrovata quale stelo sottile schiacciato dal peso della sofferenza verso la pozza d'acqua a filo di terra. L'aggettivo "inesorabile", in luogo del più consono avverbio inesorabilmente collegato all' azione del piegarsi è spostato dalla posizione in cui dovrebbe comunque stare collegato al peso e non allo stelo nella figura retorica dell'enallage, tutto ciò dunque dà maggiore importanza e pregnanza all'aggettivo che esprime l'inesorabilità come qualcosa che attenga ormai allo stelo stesso cui l'azione del verbo posta alla fine non toglie più nulla né aggiunge. Al proposito ricordiamo Ungaretti con i suoi versi cosiddetti monade o formati da una sola parola - anche nella poesia citata qui dalla Cecere il verso finale è monade, formato dal verbo "spero" che pur all'ultimo posto ottiene pregnanza proprio dal fatto di essere da solo, assolutizzato, inoltre anche i sostantivi "Formica" complemento predicativo dell' oggetto del verbo riflessivo abbrancarsi ed il complemento "Nell'aiuto" formano versi singoli che assolutizzano parti del discorso in assenza del verbo, dell' azione che si fa sottintesa o dislocata lontana dalle altre parti del discorso così che l'eco di queste ha più vasto spazio a disposizione per dispiegarsi, nella fattispecie: la piccolezza della formica, il tentativo estremo di afferrare un sostegno, la drammaticità intrinseca all' attesa di un aiuto che non viene, la speranza come ultima a morire. E sempre nella poesia della Cecere grande importanza, in corrispondenza dello stile di cui sui è accennato un esempio testé, hanno le parole - la poetessa condivide nella sua prefazione alla raccolta la dichiarazione di Oriana Fallaci secondo cui le parole feriscono più delle violenze fisiche che si possono curare e mostrano appunto il peggiorativo che nessuno si occupa di tali ferite e per altro pochi le sanno curare. Così le poesie di Ester Cecere si occupano dei grandi temi della vita, tra cui in particolare l'argomento delle ferite morali e psicologiche in generale che si ricevono proprio attraverso le parole, così proponendo come terapia l'affondo nell'interiorità dei sentimenti per chiarire, per esternare quanto urga nell' anima e così risanarla o lenire le sofferenze per il possibile, ciò che l'arte e specificamente la poesia possono realizzare se vengano a fare parte della vita di ciascuno. Rita Mascialino |
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