Recensione della
raccolta poetica “Fragile. Maneggiare con cura”
di Ester Cecere (Kairos edizioni) a cura di Livia De Pietro (esperta in didattica della poesia) La poesia è un’esperienza intellettuale che veicola una serie di valori emotivi e psichici. Certo, scrivere non è da tutti. Il linguaggio poetico è una forma di espressività tra le più complicate soprattutto se si vuole seguire una caratura stilistica corretta e profondere contenuto, cosa che richiede uno studio non indifferente che però diventa più facile quando alla base c’è la cosiddetta ispirazione. Tutto ciò lo troviamo in Ester Cecere che presenta testi poetici di grande intensità: un’ispirazione intessuta di parole colorate e musicali. La visionarietà dei testi rivela versi quasi materici, in cui colori, luci e ombre danzano davanti agli occhi del lettore creando immagini di forte suggestione e ponendo così l’accento sui contenuti delle poesie. Trascrivo la prima riportata nel libro per testimoniare la valutazione del suo stile: “Bolla di sapone” D’aliti di vento sospinta, elegante e fragile, nell’aria danzo. Iridescenze mi vestono. L’arcobaleno m’adorna. In me il mondo si specchia. Oscuro d’insidie Il mio cammino. Il volo d’una farfalla, la foglia d’un pino, temo. Persino, il dito d’un bambino Risulta evidente, da questa lettura, che la sua è una poesia tutta interiore e quindi soggettiva. In tutto il libro, la maggior parte degli scritti hanno una forte connotazione artistica, in cui si ravvisano esplosioni di luce. L’autrice ci permette, con grande sincerità, di leggere nel suo animo e di riflettere le nostre sensazioni di lettori nelle emozioni suscitate dalle sue liriche, come accade ad esempio nel testo conclusivo: “Dal finestrino, la vita” la cui chiave di lettura è nei due versi:”Muretti a secco sull’avara terra/tracce di forza e tenacia”. La sua insopprimibile esigenza creativa trova spunto e alimento continuo nella bellezza della natura con cui è a contatto e la trasmette con freschezza d’animo che riesce a conferire alla pagina il respiro e la leggerezza di tanti quadretti, come lo stormo che disegna arabeschi nei rossi cieli d’autunno, la luce di un lampione in una pozzanghera riflessa, l’onda che non era ancora arrivata o che era già andata, il monsone benefico che ha rinverdito la savana, e via via, espressioni che come si vede, sono dei quadretti. E’ chiaro che per Ester l’intuizione creativa è l’amore. Esso è la chiave di volta per comprendere il suo tracciato poetico, la motivazione alta che dà senso alla sua poesia, che fornisce nutrimento e combustibile alla sua creatività. L’amore qui è visto in varie situazioni, ma predomina un insieme di versi che esprimono speranze disattese, un’immensa solitudine che comincia ad affacciarsi: “Un dolore antico che mi rende insonne ancora”. Predomina, consolatorio, l’amore materno che fa luce su tutto: “Sguardo d’amore e d’intesa che di tutto ripaga”. Insomma questo libro costituisce un limpido spaccato dell’interiorità dell’autrice, un biglietto da visita che a colpo d’occhio denota un’intimità profonda amante delle cose belle. Come sempre accade quando mi trovo a valutare un libro, ho fatto ricorso alla teoria di Jung che nella tipologia dello scrittore distingue un atteggiamento introverso, da un atteggiamento estroverso da cui deriva il concetto individuale dell’esistenza. Colui che scrive è uno che pensa in modo soggettivo oppure uno che pensa in modo indirizzato. Il primo è un soggetto che si ripiega su se stesso, il secondo è un soggetto che annulla se stesso per rivolgere il suo sguardo alla sfera esterna. Il pensiero soggettivo si distingue da quello indirizzato in quanto nel primo caso il protagonista è il soggetto, nel secondo è l’oggetto. Jung dice che spesso nei poeti la metafora del viaggio designa il cammino interiore e che l'incontro dell'elemento acqua significa che il poeta dialoga con la propria anima, identificabile appunto nello specchio dell'acqua. In questa raccolta di poesie ci sono riferimenti all'acqua. Fino a pag. 52, le espressioni “acquatiche” sono piuttosto diradate: stelo verde e sottile,…/verso la pozza piega (pag. 24) frammenti d’argento/lentamente nel mare affondando (pag. 33) come acqua di cascata /in gocciole di nebbia muta (pag.34) Nel mare rosso sangue /annaspo (pag. 38) E’ fragore di cascata/della gronda il gocciolio (pag. 43) Di pioggia grondante/in un prato divenuto palude (pag. 46) Raffiche improvvise /ed accecanti piogge (pag. 49) La luce d’un lampione /in una pozzanghera riflessa (pag.52) Una brezza leggera assaporasti/che il mare increspava appena. (pag. 53) Da pagina 61 in poi, si può dire che l’elemento acqua è sempre presente nelle poesie e questo non è un caso perché, se Jung dice che chi fa riferimento all'acqua, dialoga con la propria anima, bisogna dedurre che Ester ha effettuato gradatamente questo passaggio che consiste nell'evoluzione della sua poesia, dal pensiero soggettivo a quello indirizzato. Sicuramente ella, dopo una fase di carattere introverso ha poi rivolto lo sguardo all’esterno, all’ambiente circostante, riuscendo a conciliare i due aspetti. La sensazione che si ricava, infatti, dalla lettura del suo libro è il risentire un'eco di qualcosa che ha fatto parte della nostra vita, come paesaggi e riscontri interiori che suscitano intense emozioni personali che si offrono a diverse chiavi di lettura. Il libro sollecita indubbiamente numerose proposte di ricerca e interessanti spunti di riflessione. |
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